Questione maschile: la politica non è ancora pronta

Myriam Fugaro, Presidente dell’Associazione Donne e Giustizia, spiega come e perché la politica è ancora in ritardo rispetto alla questione maschile.

Sono pas­sa­ti solo pochi gior­ni e già di vio­len­za sul­le don­ne non si par­la qua­si più, arri­va l’eco di altre vio­len­ze, ma l’interesse per un feno­me­no tutt’altro che in via di riso­lu­zio­ne, sem­bra esse­re sce­ma­to, come suc­ce­de ogni vol­ta. A noi inte­res­sa inve­ce con­ti­nua­re a par­lar­ne e di dare voce a chi, del­la vio­len­za sul­le don­ne, si occu­pa ogni gior­no, nel silen­zio generale.

Abbia­mo così chie­sto a Myriam Fuga­ro, Pre­si­den­te dell’Asso­cia­zio­ne Don­ne e Giu­sti­zia, che gesti­sce il cen­tro anti­vio­len­za del­la Pro­vin­cia di Anco­na, il suo pun­to di vista.

 

Nei gior­ni scor­si, dopo esse­re sta­ta a lun­go sol­le­ci­ta­ta ad espri­mer­si, la neo Mini­stra alle Pari Oppor­tu­ni­tà Maria Ele­na Boschi ha annun­cia­to che Il gover­no ha isti­tui­to la com­mis­sio­ne che dovrà valu­ta­re i pro­get­ti di attua­zio­ne del pia­no anti vio­len­za che met­te a dispo­si­zio­ne 12 milio­ni di euro per il con­tra­sto alla vio­len­za sul­le don­ne. Cosa signi­fi­ca concretamente? 

In occa­sio­ne del­l’ot­to mar­zo è sta­to pub­bli­ca­to un avvi­so del­la Pre­si­den­za del Con­si­glio dei Mini­stri che pre­ve­de lo stan­zia­men­to di 12 milio­ni di euro, fina­liz­za­ti al finan­zia­men­to di “pro­get­ti vol­ti a svi­lup­pa­re la rete di soste­gno alle don­ne vit­ti­me di vio­len­za e ai loro figli”. La Mini­stra Boschi ci infor­ma che è sta­ta isti­tui­ta la com­mis­sio­ne per la valu­ta­zio­ne dei pro­get­ti pre­sen­ta­ti. In sé que­sta non è una noti­zia, rien­tran­do nel per­cor­so pro­ce­du­ra­le del­l’av­vi­so pubblico.

Il raf­for­za­men­to dei cen­tri ter­ri­to­ria­li è una del­le indi­ca­zio­ni pre­sen­ti nel­la Con­ven­zio­ne di Istan­bul ed è impor­tan­te per­ché, per tute­la­re le don­ne vit­ti­me di vio­len­za, la rea­liz­za­zio­ne di una rete ter­ri­to­ria­le è fon­da­men­ta­le, alme­no sot­to due aspet­ti: per i sog­get­ti del­la rete, per­ché attra­ver­so il con­fron­to, pos­so­no scam­biar­si buo­ne pras­si e con­di­vi­de­re azio­ni e pro­get­ti vol­ti a con­tra­sta­re il feno­me­no del­la vio­len­za di gene­re; per le vit­ti­me, per­ché pos­so­no tro­va­re rispo­ste ade­gua­te da par­te di tut­ti i sog­get­ti, pub­bli­ci o del pri­va­to socia­le con cui entra­no in rela­zio­ne. La rete, inol­tre, evi­ta che la don­na deb­ba rac­con­ta­re infi­ni­te vol­te la pro­pria sto­ria, rin­no­van­do in ogni occa­sio­ne il dolo­re di quan­to vissuto.

Se la rete dei ser­vi­zi ter­ri­to­ria­li è una risor­sa, un pro­ble­ma che non si può sot­ta­ce­re è che anco­ra oggi man­ca una ade­gua­ta cono­scen­za del­le dina­mi­che del­la vio­len­za di gene­re e per­tan­to, spes­so, gli ope­ra­to­ri for­ni­sco­no rispo­ste influen­za­te da nume­ro­si ste­reo­ti­pi, che rischia­no di mini­miz­za­re la vio­len­za e di raf­for­za­re la posi­zio­ne del mal­trat­tan­te. Mol­te don­ne che si rivol­go­no ai cen­tri anti­vio­len­za, infat­ti, rac­con­ta­no del­le dif­fi­col­tà che incon­tra­no nel­l’es­se­re cre­du­te e nel non esse­re giu­di­ca­te, ed è que­sto, uno dei moti­vi per cui le vit­ti­me non denun­cia­no o comun­que fati­ca­no a rac­con­ta­re la pro­pria storia.

La real­tà è che di fron­te a gra­vi epi­so­di di vio­len­za fisi­ca o ses­sua­le è più sem­pli­ce espri­me­re sde­gno e disap­pro­va­zio­ne, ma ci sono tan­tis­si­mi atteg­gia­men­ti di vio­len­za psi­co­lo­gi­ca a cui non vie­ne data ade­gua­ta rilevanza.

L’au­spi­cio è che i pro­get­ti che ver­ran­no finan­zia­ti pos­sa­no con­tri­bui­re a far cono­sce­re meglio le dina­mi­che del­la vio­len­za di gene­re e sra­di­ca­re tut­ti que­gli atteg­gia­men­ti cul­tu­ra­li che ali­men­ta­no la violenza.

 

Qual è la situa­zio­ne dei cen­tri anti­vio­len­za oggi e qua­li sono le mag­gio­ri cri­ti­ci­tà che le ope­ra­tri­ci si tro­va­no ad affrontare? 

Non è sem­pli­ce par­la­re del­la situa­zio­ne dei cen­tri anti­vio­len­za in Ita­lia per­ché, in assen­za di una leg­ge nazio­na­le, le situa­zio­ni varia­no da Regio­ne a Regione.

Cre­do che alcu­ne cri­ti­ci­tà sia­no comu­ni a tut­ti i cen­tri anti­vio­len­za nazio­na­li. Il pri­mo, e for­se quel­lo più rile­van­te, è che le Isti­tu­zio­ni si limi­ta­no a rico­no­sce­re il “ser­vi­zio” offer­to dai cen­tri anti­vio­len­za nel per­cor­so di soste­gno alle vit­ti­me, ma non valo­riz­za­no il patri­mo­nio di sape­ri di cui i cen­tri anti­vio­len­za sono por­ta­to­ri. Non si può dimen­ti­ca­re che gra­zie all’e­spe­rien­za dei cen­tri anti­vio­len­za e del­le case rifu­gio si sono mes­si in discus­sio­ne i ruo­li tra­di­zio­na­li e si è defi­ni­ta la vio­len­za all’interno dei mec­ca­ni­smi di pote­re e di con­trol­lo che esi­sto­no nel­le rela­zio­ni fra uomi­ni e donne.

Que­sta espe­rien­za andreb­be valo­riz­za­ta e poten­zia­ta, men­tre spes­so vie­ne mes­sa in discus­sio­ne. Basta leg­ge­re il docu­men­to appro­va­to dal­la Con­fe­ren­za Sta­to Regio­ni il 27.11.2014, dove si indi­ca­no i requi­si­ti mini­mi dei cen­tri anti­vio­len­za, per capi­re come il Gover­no Ren­zi pen­si a que­sti con la logi­ca di ser­vi­zi che pos­so­no offri­re, come un qua­lun­que sog­get­to del ter­zo set­to­re, sen­za rico­no­sce­re il ruo­lo fon­da­men­ta­le di pro­mo­zio­ne sul ter­ri­to­rio di una tra­sfor­ma­zio­ne cul­tu­ra­le per con­tra­sta­re que­gli atteg­gia­men­ti che gene­ra­no violenza.

Il para­dos­so è che a fron­te di sem­pre mag­gio­ri ser­vi­zi che ven­go­no richie­sti ai cen­tri anti­vio­len­za, man­ca­no le garan­zie eco­no­mi­che e solo una pic­co­la par­te dei finan­zia­men­ti pre­vi­sti nel Pia­no Nazio­na­le sono desti­na­ti a garan­ti­re la soprav­vi­ven­za dei cen­tri stessi.

 

La Mini­stra Boschi dice che “dob­bia­mo chie­der­ci cosa fare affin­ché non acca­da anco­ra”. Per dar­le un sug­ge­ri­men­to, cosa può fare il gover­no affin­ché non acca­da ancora?

La vio­len­za con­tro le don­ne è una que­stio­ne socia­le e cul­tu­ra­le, per cui sono neces­sa­rie rifor­me giu­ri­di­che e scel­te poli­ti­che che deter­mi­ni­no cam­bia­men­ti pro­fon­di negli uomi­ni e nel­le don­ne. Inve­ce spes­so si ten­de ad inter­ve­ni­re nel­l’am­bi­to del dirit­to pena­le (vedi ad esem­pio la leg­ge sul femminicidio).

Inve­ce è neces­sa­rio supe­ra­re i model­li ste­reo­ti­pa­ti dei ruo­li del­le don­ne e degli uomi­ni. Que­sta con­sa­pe­vo­lez­za richie­de alla poli­ti­ca un impe­gno che anco­ra oggi non sem­bra pron­to ad assu­mer­si, ovve­ro di garan­ti­re la pie­na parità tra i ses­si. Le azio­ni da fare in pro­po­si­to sono tan­tis­si­me; pen­so, ad esem­pio, alla for­ma­zio­ne del­le figu­re pro­fes­sio­na­li che, a diver­so tito­lo, si occu­pa­no del­le don­ne vit­ti­me di vio­len­za; all’in­tro­du­zio­ne nei pro­gram­mi sco­la­sti­ci di que­stio­ni rela­ti­ve all’i­den­ti­tà di gene­re e alla vio­len­za con­tro le don­ne; all’im­pe­gno a sol­le­ci­ta­re i mass media ad adot­ta­re codi­ci di auto­re­go­la­men­ta­zio­ne per raf­for­za­re il rispet­to del­la digni­tà del­le don­ne; al ripen­sa­men­to del wel­fa­re in modo da favo­ri­re l’au­to­no­mia del­le don­ne; al favo­ri­re l’in­gres­so del­le don­ne nel­le Isti­tu­zio­ni e nei luo­ghi dove si assu­mo­no deci­sio­ni poli­ti­che ed economiche.

Per­so­nal­men­te pen­so che la mag­gior par­te degli attua­li rap­pre­sen­tan­ti poli­ti­ci non sia anco­ra pron­to a que­sta sor­ta di “rivo­lu­zio­ne coper­ni­ca­na” e così vie­ne for­te­men­te ral­len­ta­ta la pos­si­bi­li­tà di con­tra­sta­re la vio­len­za di gene­re affron­tan­do il pro­ble­ma alla radice.

Sicu­ra­men­te cam­bia­re un atteg­gia­men­to cul­tu­ra­le richie­de mol­to tem­po; nel­l’im­me­dia­to si auspi­ca una pre­sa di posi­zio­ne for­te da par­te del­la Mini­stra Boschi e del Pre­si­den­te del Con­si­glio Ren­zi che riman­go­no trop­po silen­ti di fron­te ai nume­ro­si recen­ti epi­so­di di fem­mi­ni­ci­dio che bal­za­no all’o­no­re del­le cronache.

 

La Mini­stra Boschi dice di voler isti­tui­re una una task for­ce. Pen­si potreb­be ser­vi­re? Chi con­si­glie­re­sti di aggiun­ge­re alla Ministra?

Il Pia­no straor­di­na­rio con­tro la vio­len­za ses­sua­le e di gene­re pre­vi­sto dal­la leg­ge 119/2013, pre­ve­de una cabi­na di regia inte­ri­sti­tu­zio­na­le sup­por­ta­ta da un Osser­va­to­rio, che anco­ra non è sta­ta nominata.

Mi pare di capi­re che la task for­ce pro­po­sta dal­la Mini­stra Boschi sia qual­co­sa che si aggiun­ge alle figu­re indi­vi­dua­te nel Pia­no nazio­na­le, di nomi­na di con­su­len­ti di pro­pria fidu­cia. Il rischio potreb­be esse­re quel­lo di una sovrap­po­si­zio­ne di sog­get­ti che lavo­ra­no nel­lo stes­so ambi­to e di sva­lu­ta­zio­ne del ruo­lo del­la cabi­na di regia pre­vi­sta dal Pia­no nazionale.

Ad ogni modo se la Mini­stra doves­se con­fer­ma­re la volon­tà di nomi­na­re dei pro­pri con­su­len­ti dovreb­be, a mio avvi­so, inse­ri­re nel grup­po una per­so­na espres­sio­ne del­l’as­so­cia­zio­ne nazio­na­le D.i.Re. — Don­ne in Rete con­tro la vio­len­za, la pri­ma asso­cia­zio­ne ita­lia­na a carat­te­re nazio­na­le di cen­tri anti­vio­len­za non isti­tu­zio­na­li e gesti­ti da asso­cia­zio­ni di don­ne che affron­ta il tema del­la vio­len­za secon­do l’ottica del­la dif­fe­ren­za di genere.

Inol­tre cre­do sia impor­tan­te pen­sa­re a due figu­re con com­pe­ten­ze spe­ci­fi­che: una con espe­rien­za nel mon­do del­la scuo­la, che por­ti un con­tri­bu­to per edu­ca­re le nuo­ve gene­ra­zio­ni su tema­ti­che qua­li il rispet­to, la gestio­ne del­le emo­zio­ni, l’ ugua­glian­za, le pari oppor­tu­ni­tà e la pace; l’al­tra con com­pe­ten­ze nel cam­po socia­le che pos­sa con­tri­bui­re a ripen­sa­re al wel­fa­re in modo da favo­ri­re il per­cor­so di auto­no­mia del­le don­ne vit­ti­me di violenza.

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