Rai: uno spettacolo penoso, fondato sui peggiori pregiudizi

Chiediamo (anzi pretendiamo, in qualità di contribuenti e cittadine e cittadini vigili), oltre a scuse formali ben più argomentate e diffuse da parte di tutti i soggetti coinvolti, anche di realizzare al più presto almeno una "puntata riparatrice" nella medesima fascia di ascolto, in cui con competenza e semplicità venga spiegato quanto gli stereotipi di genere facciano male a tutte e a tutti e quanto svilire la vita, le potenzialità, le competenze, le capacità e il corpo delle donne, riducendoli a mero oggetto di piacere e supporto del maschio dominante, oltre ad essere criminale e ignobile, non faccia un buon servizio proprio a nessuno, a nessun uomo, nessuna donna, di nessuna nazionalità, età, etnia, orientamento sessuale.

Cara Rai, cari respon­sa­bi­li di uno dei ser­vi­zi pub­bli­ci più per­va­si­vi e dif­fu­si del nostro Paese,

sia­mo sem­pli­ce­men­te scon­vol­ti dal tea­tri­no anda­to in sce­na nel cor­so del­la pun­ta­ta di “la vita in diret­ta”, duran­te la rubri­ca tenu­ta da Pao­la Pere­go “par­lia­mo­ne sabato”.

Uno spet­ta­co­lo (peno­so) che ha volu­to trat­ta­re con discu­ti­bi­li cano­ni di “leg­ge­rez­za” e “chiac­chie­ric­cio da salot­to”, una serie di que­stio­ni tal­men­te impor­tan­ti, deli­ca­te e per­si­no dram­ma­ti­che nel­la nostra socie­tà, da far sal­ta­re dal­la sedia ogni cit­ta­di­na e cit­ta­di­no dota­ti di mini­mo raziocinio.

Si è par­la­to di “uomi­ni che van­no a pro­sti­tu­te all’e­ste­ro”, di “fare cilec­ca” e di chi si deve “sen­ti­re in col­pa” quan­do acca­de, di sot­to­mis­sio­ne fem­mi­ni­le che dovreb­be “accet­ta­re il tra­di­men­to e far­si tro­va­re sem­pre cura­ta e pron­ta ad ubbi­di­re”, di cor­pi che dovreb­be­ro pen­sa­re solo ad esse­re appe­ti­bi­li; ma non basta! Si sono ridot­te e inchio­da­te le “don­ne del­l’e­st” a stan­dar­diz­za­te por­ta­tri­ci di tut­ti i peg­gio­ri ste­reo­ti­pi di gene­re, dal­l’es­se­re casa­lin­ghe per­fet­te fino al “non fri­gna­re” (chis­sà, for­se anche se scap­pa un maschio ceffone?).

Un frit­to misto del­la peg­gio­re spe­cie che sdo­ga­na e, in qual­che modo, giu­sti­fi­ca, in un’au­rea di irre­spon­sa­bi­le fri­vo­lez­za, quel mon­do di ste­reo­ti­pi che è una del­le più vive pia­ghe socia­li di que­sto Pae­se, che con­sen­te che resti­no vive strut­tu­ra­li dispa­ri­tà di trat­ta­men­to, a par­ti­re dal livel­lo sala­ria­le, pas­san­do per la pre­sen­za in ruo­li chia­ve di respon­sa­bi­li­tà, fino alla dram­ma­ti­ca situa­zio­ne del nostro Pae­se in ter­mi­ni di vio­len­za di gene­re e femminicidio.

Far fin­ta di non capi­re la con­nes­sio­ne è sem­pli­ce­men­te irresponsabile.

Per que­sto chie­dia­mo (anzi pre­ten­dia­mo, in qua­li­tà di con­tri­buen­ti e cit­ta­di­ne e cit­ta­di­ni vigi­li), oltre a scu­se for­ma­li ben più argo­men­ta­te e dif­fu­se da par­te di tut­ti i sog­get­ti coin­vol­ti, anche di rea­liz­za­re al più pre­sto alme­no una “pun­ta­ta ripa­ra­tri­ce” nel­la mede­si­ma fascia di ascol­to, in cui con com­pe­ten­za e sem­pli­ci­tà ven­ga spie­ga­to quan­to gli ste­reo­ti­pi di gene­re fac­cia­no male a tut­te e a tut­ti e quan­to svi­li­re la vita, le poten­zia­li­tà, le com­pe­ten­ze, le capa­ci­tà e il cor­po del­le don­ne, ridu­cen­do­li a mero ogget­to di pia­ce­re e sup­por­to del maschio domi­nan­te, oltre ad esse­re cri­mi­na­le e igno­bi­le, non fac­cia un buon ser­vi­zio pro­prio a nes­su­no, a nes­sun uomo, nes­su­na don­na, di nes­su­na nazio­na­li­tà, età, etnia, orien­ta­men­to sessuale.

Anna­li­sa Corrado

Giu­sep­pe Civati

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