Fin dalle prime fasi della pandemia è stato chiaro che il ritorno alla normalità che alcuni si auguravano non poteva e non può essere la risposta: non dobbiamo tornare alla normalità, perché in quella normalità non c’è proprio niente di normale.
Quella “normalità” non solo è una delle cause di questa crisi sanitaria, ma è anche responsabile dell’altra grande emergenza di cui non possiamo dimenticarci, l’emergenza climatica.
Eppure, secondo l’analisi di Vivid Economics ripresa oggi dal Guardian, uscire dalla pandemia prendendo una direzione ambientalista, a livello globale, per ora non sembra essere al centro degli sforzi di tutti i governi. Di fronte alla prospettiva di una pesante crisi economica, troppi stanno ancora progettando investimenti in un’economia fossile. Fossile nel senso delle energie, ma anche della politica. E dell’estinzione delle specie: la nostra, anche.
Il grande errore della politica fossile è quello di prendere decisioni come se ogni volta si trattasse di scegliere tra salute ed economia, tra salute e lavoro (o reddito): una contraddizione che la pandemia sta rendendo ancora più drammatica, ma che abbiamo visto all’opera da anni, come a Taranto, dove c’è l’Ilva, come a Spinetta Marengo, dove c’è la Solvay. E ora che bisogna scegliere come ripartire, l’errore si ripresenta di nuovo: eppure da anni studiosi come Edward Barbier, della Colorado State University, e le analisi del mercato del lavoro ci dicono che la riconversione e l’economia sostenibile producono e potrebbero continuare a produrre milioni di posti di lavoro.
Invece, grazie all’analisi di Vivid Economics si scopre che almeno 18 delle maggiori economie al mondo prevedono piani di salvataggio che hanno un impatto negativo sull’ambiente, al punto da annullare gli effetti degli investimenti in campo ambientale. Anche dove si parla di misure “verdi”, con l’altra mano si vanificano gli sforzi continuando a investire su industrie altamente inquinanti, ad aumentare le emissioni, a finanziare infrastrutture ad alto impatto. Solo Francia, Spagna, Regno Unito e Germania, oltre all’Unione Europea, fanno eccezione.
Abbiamo visto come il primo annuncio del nuovo Presidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden, abbia riguardato l’intenzione di riportare gli USA all’interno dell’accordo di Parigi. Il suo piano per affrontare l’emergenza climatica, e in generale il suo atteggiamento agli antipodi dell’anti scientismo e delle teorie complottiste di Trump, avranno con ogni probabilità un effetto positivo sulle politiche ambientali globali nei prossimi anni.
E l’Italia? Secondo i calcoli di Vivid Economics, è la peggiore d’Europa. A incidere sono principalmente i finanziamenti senza condizioni, come il piano di salvataggio di 3,3 miliardi di dollari per Alitalia, senza condizioni legate all’impatto ambientale o alla sostenibilità. E la riduzione delle tasse su prodotti dannosi per l’ambiente.
Pensare di uscire da questa situazione seguendo lo stesso modello e lo stesso sistema ingiusto che ha contribuito a farci arrivare a questo punto non farà altro che portarci di crisi in crisi. E intanto, il tempo sta finendo.