Renzi, D’Alema, l’Ulivo e la xylella: la coda di paglia del Líder Máximo

Ieri sera D'Alema era a Genova per presentare il suo nuovo movimento - "suo" detto senza malizia - quando a un certo punto mi ha dedicato un pensiero un po' stizzito. Domenica infatti avevo chiuso la nostra Costituente delle idee dicendo, fra parecchie altre cose secondo me pure più interessanti (ma transeat), che parla di Ulivo chi lo ha distrutto, "la xylella che vuole rifare l'Ulivo". Che D'Alema si sia sentito chiamato in causa è indicativo, ma in realtà non ce n'era motivo perché non mi riferivo a lui, mi riferivo a Renzi che riparla di centrosinistra, appunto, dopo averlo distrutto.

Io ad esem­pio sono tra quel­li che si dan­no da fare, io vor­rei che Civa­ti venis­se a far par­te di que­sto movi­men­to. Civa­ti se n’è usci­to l’al­tro ieri dicen­do, “eh cer­to par­la­no di Uli­vo ma D’A­le­ma è come la xylel­la” (Mas­si­mo D’Alema).

Ieri sera D’A­le­ma era a Geno­va per pre­sen­ta­re il suo nuo­vo movi­men­to — “suo” det­to sen­za mali­zia — quan­do a un cer­to pun­to mi ha dedi­ca­to un pen­sie­ro un po’ stiz­zi­to. Dome­ni­ca infat­ti ave­vo chiu­so la nostra Costi­tuen­te del­le idee dicen­do, fra parec­chie altre cose secon­do me pure più inte­res­san­ti (ma tran­seat), che par­la di Uli­vo chi lo ha distrut­to, “la xylel­la che vuo­le rifa­re l’U­li­vo”. Che D’A­le­ma si sia sen­ti­to chia­ma­to in cau­sa è indi­ca­ti­vo, ma in real­tà non ce n’e­ra moti­vo per­ché non mi rife­ri­vo a lui, mi rife­ri­vo a Ren­zi che ripar­la di cen­tro­si­ni­stra, appun­to, dopo aver­lo distrutto.

È peral­tro una bat­tu­ta che fac­cio da un paio di anni, così come ci sono alme­no altre due cose, che fac­cio da un paio di anni: la pri­ma è non fare più par­te del Par­ti­to demo­cra­ti­co, la secon­da è non vota­re più la fidu­cia al gover­no che espri­me (cosa che in real­tà ave­vo smes­so di fare già da pri­ma). Nel come sem­pre bril­lan­te discor­so di ieri a Geno­va, di cui con­si­glio l’a­scol­to, più che occu­par­si di una mia bat­tu­ta frain­te­sa for­se D’A­le­ma avreb­be dovu­to apri­re una rifles­sio­ne sul fat­to che a fron­te di una cri­ti­ca così radi­ca­le di Ren­zi, del Pd, del gover­no e del­le sue poli­ti­che, il suo movi­men­to in aula vote­rà la fidu­cia al Gover­no e soster­rà così i suoi nuo­vi e ulte­rior­men­te dan­no­si prov­ve­di­men­ti, a par­ti­re da quel pac­chet­to Min­ni­ti che peral­tro por­ta il nome di un suo allie­vo ed ex fede­lis­si­mo (argo­men­to che avreb­be biso­gno di ben altri spa­zi). Come ha det­to D’A­le­ma stes­so, “noi che lo soste­nia­mo, il gover­no, anzi loro, io non sono depu­ta­to: non sono mai sta­to così con­ten­to di non esse­re depu­ta­to, avrei dovu­to ingo­ia­re di quei rospi…”.

“Io oltre­tut­to sono depu­ta­to del Salen­to — ha pro­se­gui­to D’A­le­ma nel frain­ten­di­men­to del­la bat­tu­ta sul­la xylel­la — tu non mi puoi dire una cosa di que­sto gene­re. Per­ché rischi che quan­do io ti incon­tro, beh io devo rea­gi­re in modo impo­li­ti­co, e mi fer­mo qui. Non si può: io non mi sono mai per­mes­so di dire cose di que­sto gene­re. Io dico che chi fa poli­ti­ca non ha tem­po per i ran­co­ri per­so­na­li. Io fac­cio po-li-ti-ca. E pen­so, per ragio­ni che cre­do di aver argo­men­ta­to, che c’è biso­gno di una alter­na­ti­va al Pd di Ren­zi”: noi dei toni minac­cio­si non abbia­mo pau­ra, non sia­mo mai sta­ti dale­mia­ni quan­do era al pote­re, non abbia­mo nes­sun moti­vo per diven­tar­lo ora. Non sia­mo a dispo­si­zio­ne, come altri, e quin­di ecco, appun­to, lascia­mo sta­re le que­stio­ni per­so­na­li e fac­cia­mo “po-li-ti-ca”. Maga­ri ini­zian­do a dire che non solo c’è biso­gno di un’al­ter­na­ti­va a Ren­zi, ma che quel­l’al­ter­na­ti­va non può esse­re un gover­no foto­co­pia che fa poli­ti­che iden­ti­che, e non può esser­lo un movi­men­to che quel­le poli­ti­che le sostie­ne da una posi­zio­ne dif­fe­ren­te, che non è una que­stio­ne di posi­zio­na­men­to ma di con­te­nu­ti e di coe­ren­za, e che ognu­no è respon­sa­bi­le cer­to per ciò che dice ma soprat­tut­to per ciò che fa, se fa po-li-ti-ca. Anche se non sie­de in Parlamento.

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