Renzi VS Renzi (il trasformismo delle cose)

Il tra­sfor­mi­smo è peri­co­lo­so, per­ché a furia di tra­sfor­mar­si, come Pro­teo, e di cam­bia­re sem­bian­ze, in un cre­scen­do che nem­me­no Zelig che si fa i sel­fie mos­si, non ci si rico­no­sce più. Fino a met­ter­si con­tro se stes­si, come un Dorian Gray del­le fake news, che non solo invec­chia (come tut­ti) ma cam­bia aspet­to pro­prio men­tre si rimira.

Non riguar­da solo le per­so­ne, riguar­da anche le ‘cose’. Che si tra­sfor­ma­no inces­san­te­men­te.

Pro­prio men­tre si è costret­ti alla «mano­vri­na ripa­ra­tri­ce» (che in real­tà è diven­ta­to un far­se­sco omni­bus) per far tor­na­re i con­ti, si sban­die­ra un mito­lo­gi­co teso­ret­to, ere­di­tà ine­si­sten­te, di 47 miliar­di che non sono – nel­la real­tà – che impe­gni di spe­sa (da finan­zia­re di vol­ta in vol­ta) per i pros­si­mi 15 anni.

Lo stes­so acca­de per la leg­ge elet­to­ra­le — la leg­ge sim­bo­lo di un’in­te­ra sta­gio­ne gover­no, nel meri­to e nel meto­do — che è sta­ta dichia­ra­ta inco­sti­tu­zio­na­le nel suo ‘cuo­re’, il bal­lot­tag­gio con pre­mio, non per via del refe­ren­dum del 4 dicem­bre (anche se la pro­pa­gan­da con­ti­nua a fare fin­ta di nien­te): i capi­li­sta bloc­ca­ti con­tro cui ora Ren­zi si sca­glia, accu­san­do gli altri di voler­li man­te­ne­re, sono sta­ti intro­dot­ti con fidu­cia plu­ri­ma e impo­sti al Par­la­men­to (per la cro­na­ca, nel­la pri­ma ver­sio­ne dell’Italicum, vota­ta alla Came­ra, era­no bloc­ca­ti tut­ti quan­ti i can­di­da­ti, con plu­ri­can­di­da­tu­re, che sono rima­ste e che la sen­ten­za del­la Con­sul­ta ha solo stem­pe­ra­to negli effetti).

Acca­de per altre cose più ‘pic­co­le’, come la miti­ca nuo­va tas­sa AirBnb, che Ren­zi non ha volu­to intro­dur­re (facen­do­ne un mani­fe­sto poli­ti­co del «no a nuo­ve tas­se», quan­do in real­tà si trat­ta­va di far paga­re le tas­se a chi non le paga­va) e che ora è pro­po­sta dal gover­no dell’ex-ministro degli Este­ri del suo gover­no e dal­lo stes­so mini­stro dell’economia, sen­za fare una piega.

Acca­de per la mano­vra di bilan­cio, in par­ti­co­la­re sul­l’aumen­to del­l’I­va, pro­gram­ma­to come clau­so­la di sal­va­guar­dia dal duo Ren­zi-Padoan, di cui ora si par­la come di una asso­lu­ta novi­tà, come se le clau­so­le non ci fos­se­ro e non riguar­das­se­ro pro­prio l’Iva.

Lo ricor­da Mario Semi­ne­rio in due post, qui e recen­te­men­te qui: la “disat­ti­va­zio­ne dei 19 miliar­di di aumen­to Iva per il 2018, mes­so da Mat­teo Ren­zi con l’avallo di Padoan mede­si­mo”, all’insegna di un per­cor­so in cui “il gros­so del­le clau­so­le di sal­va­guar­dia con cui oggi Ren­zi lot­ta, e che di fat­to stan­no costrin­gen­do lui e Pier Car­lo Padoan a tro­va­re fan­ta­sio­si argo­men­ti per vara­re una leg­ge di Sta­bi­li­tà for­te­men­te espan­si­va (a rigo­ro­so defi­cit, s’intende), in gra­do di “copri­re”, ma pro­prio in sen­so let­te­ra­le, il buco crea­to lo scor­so anno, sono sta­te crea­te da Mat­teo Ren­zi mede­si­mo. L’unica clau­so­la di sal­va­guar­dia non impu­ta­bi­le a Ren­zi è quel­la, intro­dot­ta dal gover­no di Enri­co Let­ta, che pre­ve­de­va per il 2015 un taglio alle age­vo­la­zio­ni fisca­li per 3 miliar­di (desti­na­ti a dive­ni­re 4 miliar­di nel 2016 e 7 nel 2017) in caso di man­ca­ta “razio­na­liz­za­zio­ne del­la spe­sa”. Dal che si evin­ce quan­to Let­ta fos­se pru­den­te, o spe­cu­lar­men­te quan­to Ren­zi sia gio­ca­to­re d’azzardo».

Ren­zi attac­ca dura­men­te ciò che ha fat­to Ren­zi, pren­den­do­ne le distan­ze sec­ca­men­te e pure con un po’ di fasti­dio: lo spet­ta­co­lo fa per­de­re la testa o banal­men­te la fa vol­ta­re dall’altra parte.

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