Giusto qualche giorno fa, su queste pagine, vi spiegavo che una parte consistente della retribuzione dei parlamentari potrebbe essere tagliata già domattina: trattasi delle quote che la maggioranza degli eletti versa al proprio partito e che — guarda caso — coincidono con le somme che deputati e senatori del Movimento 5 Stelle riescono a devolvere al Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico. In sostanza, la fetta che costituisce la parte riducibile delle indennità parlamentari è simile per tutti e, per tale ragione, nessuno vedrebbe compromesso né il tenore di vita, né l’attività politica qualora si provvedesse al taglio prospettato. In parole povere: una parte delle retribuzione del parlamentare (pari circa ad un terzo del totale) già ora non retribuisce il parlamentare ma finisce altrove: nelle casse del partito, nelle casse di un Fondo di garanzia. Tanto vale tagliarla.
Un articolo de Il Fatto Quotidiano, a firma di Luigi Franco e pubblicato domenica scorsa, suggerisce, mediante un titolo un po’ forzato, che gli eletti del Partito Democratico non versino affatto la suddetta quota — individuata in una rata mensile di 1,500 euro — e che, così facendo, abbiano causato un buco da 600,000 euro. Il pezzo si apre con le parole dell’ex tesoriere del Pd, Antonio Misiani, il quale ha risposto laconico alla domanda del giornalista: “qualche parlamentare non ha pagato”, “abbiamo previsto dei piani di rientro per fine legislatura”. La legislatura, infatti, non è quella attuale, ma la scorsa, la numero XVI. I numeri sciorinati da Franco sono derivati dal Bilancio consuntivo 2012 del Partito Democratico, che vi invito a leggere, essendo pubblico per intero. In esso sono contenuti i nomi di tutti i deputati e di tutti i senatori con l’importo esatto dei loro versamenti. Davvero i parlamentari della XVI Legislatura sono ‘morosi’ nei confronti del proprio stesso partito?
Il giornalista non si cimenta in nessuna valutazione, ma l’equazione viene immediata fra i commentatori: quelli del Pd dicono di non potersi dimezzare lo stipendio — come fanno i 5 Stelle — perché versano una quota al partito: se non lo fanno, allora mentono (e mentono perché vogliono tenersi il maltolto). L’unica evidenza fornita dal giornalista è il riferimento al Bilancio 2012, null’altro. Scrive che i 320 parlamentari del 2012 dovevano circa 5,4 milioni di euro al partito, secondo Statuto: ne hanno versati, come ufficialmente dichiarato dal Pd, poco più di 4,8 milioni. Ergo, l’ammanco totale per il 2012 è di 600,000 euro.
Da ciò risulta evidente che la quota non versata sia circa l’11%, aspetto già sufficiente a farci dire che la proposizione “quelli del Pd non versano la quota” non sia vera. Posto che la rata mensile, come rilevato dallo stesso autore dell’articolo, sia di 1,500 euro, mentre quella annuale è pari a 18,000 euro, il totale torna alla virgola con quanto scritto da Il Fatto. Ma, non convinto, ho così tentato un’analisi dei dati pubblicati nel bilancio per quanto concerne i versamenti effettivi erogati dai deputati del Pd nel 2012. Questo il risultato:
No. Rate | Rate non pagate | Versamento annuale | No. deputati | % |
+100% | - | >18100 | 16 | 9,4% |
100% | 0 | 18000 | 131 | 76,6% |
92% | 1 | 16500 | 10 | 5,8% |
83% | 2 | 15000 | 2 | 1,2% |
75% | 3 | 13500 | 2 | 1,2% |
67% | 4 | 12000 | 3 | 1,8% |
58% | 5 | 10500 | 1 | 0,6% |
50% | 6 | 9000 | 1 | 0,6% |
42% | 7 | 7500 | 4 | 2,3% |
33% | 8 | 6000 | 1 | 0,6% |
25% | 9 | 4500 | 0 | 0,0% |
17% | 10 | 3000 | 0 | 0,0% |
La notizia vera è che l’86% dei deputati del Pd, nella XVI Legislatura, ha versato il 100% e più della quota annuale; che in dieci hanno mancato una sola rata (insieme ai migliori fanno il 92%); che il 3,5% dei deputati del Pd, ovvero 6 deputati, ha versato meno della metà della quota. Va da sé che in 16 hanno versano più di 18,000 euro, forse a compensazione di rate non versate precedentemente.
Quindi, attenzione alle analisi affrettate e ai titoli sibillini. I versamenti, a parte una fascia residuale, sono stati fatti. E l’analisi di cui dicevamo nei giorni scorsi circa la riducibilità della retribuzione andando a colpire queste voci di spesa, rimane inalterata e comunque vera.
Pertanto, ribadendo il concetto, il dimezzamento operato dal Movimento 5 Stelle in realtà pesa per la medesima quota che gli eletti del Pd versano al partito. Che, in media, la differenza fra la retribuzione netta di un parlamentare Pd e uno del 5S è pari all’1,7%, e per tale ragione si può ben dire che guadagnino le medesime cifre (i ventimila euro sono davvero sotto i mari). Che è di 3,000 euro il taglio sull’indennità netta attuabile già domani.
Schematizzando: