La notizia di oggi è che viene confermato, quindi si presume approvato dai relativi Parlamenti, l’accordo stipulato a dicembre dalla Danimarca con il Kosovo con cui lo stato scandinavo ha preso in “affitto” un carcere in quello balcanico.
Circa 300 celle, con “tutti i servizi”, però solo per i detenuti stranieri, per esternalizzare fisicamente i detenuti su base sostanzialmente (diciamolo) razziale.
La notizia circolava come detto da dicembre e come abbiamo letto è arrivata in una delle culle dei nostri valori occidentali, la civile Gran Bretagna.
Boris Johnson, come sappiamo, ha pensato bene di applicare lo stesso sistema, con qualche accorgimento ulteriore, non ai condannati bensì ai richiedenti asilo arrivati nel suo Paese.
Ovviamente si parla di arrivi “illegali” ma chiunque sa che diventano effettivamente tali solo dopo l’esame della domanda.
In attesa di questo esame, i fortunati e le fortunate richiedenti, saranno inviati in Ruanda, un po’ più lontano del Kosovo, in un altro continente, magari a due passi dalla guerra dalla quale sono scappati.
L’implementazione quindi è doppia. Prima di tutto non si parla di persone che sono state condannate per un reato commesso in un Paese terzo da un tribunale con tutte le garanzie di legge, ma di semplici richiedenti asilo in attesa dell’esame della loro domanda.
Già è una violazione dei diritti civili spostare un detenuto, che difficilmente potrà ricevere visite in Kosovo, se ha la famiglia a Copenhagen, figuriamoci un richiedente asilo, che fino a prova contraria non ha fatto nulla di male.
Poi il distanziamento fisico è molto più drastico, in un Paese centrafricano, senza alcuna garanzia sulle condizioni di “soggiorno”, lontano dagli occhi, lontano dal cuore e soprattutto dagli elettori.
Non saranno carceri, probabilmente, ma sarà come se lo fossero.
Evidente la volontà di disincentivare gli arrivi, tutti, anche quelli legittimi, con un confino predeterminato, crudele, cinico, illegale.
Non solo, ma ancora non è chiaro se le persone fortunate la cui domanda verrà accolta potranno raggiungere la Gran Bretagna o dovranno rimanere in Ruanda.
Tutto questo mentre è in corso una guerra in Europa a causa dell’aggressione russa all’Ucraina, che, oltre a fare strage di civili, sta costringendo milioni di persone a fuggire.
Persone che devono essere accolte, senza alcun dubbio, come tutti i profughi di guerra, ma le notizie che giungono dalla Polonia, dove i profughi, in gran parte siriani ed afgani, che si trovano al confine con la Bielorussia, rimangono confinati a forza nei boschi, e persino dalla Germania, dove si parla di respingimenti di afgani per “fare posto” agli ucraini, non sono confortanti.
Quindi, si ripete, tutte le persone che scappano da una guerra o dalle persecuzioni o dalla morte certa per altre ragioni, devono essere accolte, però è lecito porsi una domanda, guardando il quadro generale.
Sono davvero tutti uguali?
Stiamo, come “occidente” in generale, trattando tutte e tutti nello stesso modo?
Sembra di no.
Allora se vogliamo davvero applicare quei valori di cui ci diciamo portatori, non possiamo e non dobbiamo fare differenze (l’art. 10 comma 3 della Costituzione non ne fa sui richiedenti asilo) e dobbiamo contrastare con forza questa tendenza che, purtroppo, oggettivamente si sta facendo strada nelle democrazie europee.