Riceviamo dal comitato “Possibile Livorno” e pubblichiamo.
In qualità di attivisti di “Possibile Livorno” abbiamo esaminato i documenti ufficiali di pubblico dominio (bilanci, note integrative e relazioni del collegio sindacale) riguardanti la gestione economica e finanziaria della Azienda Ambientale Pubblici Servizi della città degli ultimi anni, fino al 2013.
Quel che appare in modo evidente è una situazione economico-finanziaria “critica”, nonostante le ripetute capitalizzazioni effettuate dal socio pubblico (Comune di Livorno) ed il fatto, non trascurabile, che A.AM.P.S operi in un regime cosiddetto “in house” quindi di monopolio il cui capitale sociale è detenuto interamente dal Comune di Livorno.
Nella Relazione sulla gestione 2013 vengono evidenziate e riportate le non conformità rilevate dall’ispezione del Ministero dell’Economia e delle Finanze nel mese di maggio 2013. Detta ispezione ha riguardato tutti i documenti e dati inerenti la gestione fino al 31/12/2012. Per non parlare della relazione dell’Organo di Controllo che nelle sue conclusioni, esprime un giudizio negativo al progetto di bilancio chiuso al 31/12/2013, evidenziando che: “sussistono meritate ragioni ostative all’approvazione da parte del socio del predetto progetto di bilancio di esercizio così come predisposto dall’organo amministrativo”.
Quindi, la situazione era chiara e conosciuta dai vecchi e nuovi amministratori pubblici che non hanno saputo reagire tempestivamente, proponendo un progetto industriale serio, in grado di dare una prospettiva ad un’azienda e ad un settore che ha drenato ingenti risorse pubbliche negli ultimi anni.
Come cittadini livornesi, quindi utenti, non possiamo esimerci dall’esprimere un giudizio sostanzialmente negativo sulle varie gestioni che si sono ormai succedute negli anni. Vorremmo solo ricordare che abbiamo avuto la TIA prima e la TARI oggi, tra le più care di tutta Italia, con una servizio di raccolta dei RSU e dell’intero ciclo della differenziata, che costano circa il doppio di quello che viene svolto in altre città simili per dimensione e numero di abitanti, senza oltretutto raggiungere i livelli di eccellenza promessi e previsti dalle normative europee, nazionali e regionali (43,30% raggiunto nel 2013 per la differenziata, rispetto al 60% stabilito).
Un’azienda sovradimensionata in termini di personale (263 dipendenti), il cui servizio di raccolta dei RSU è in gran parte affidato a ditte esterne, proprietaria di un TVR, di una discarica (ormai esaurita e con costose bonifiche in corso), di strutture ed impianti di una certa rilevanza, non poteva pensare che in quanto di proprietà pubblica, il socio continuasse all’infinito a ripianare i debiti.
Al tempo stesso, non è più possibile pensare di scaricare sui cittadini utenti, paganti, i costi delle inefficienze provocate dalle varie gestioni succedutesi negli anni, dato che i crediti non riscossi presenti in bilancio ammontano a svariati milioni di euro che, se esigibili, potrebbero essere un elemento determinante per l’equilibrio finanziario.
Come Possibile Livorno, riteniamo che la gestione della “cosa pubblica” non possa essere sinonimo di sprechi ed inefficienze ma debba sempre essere improntata al criterio di equilibrio economico e finanziario, pur mantenendo un livello di servizi medio-alto. La decisione dell’attuale amministrazione comunale di non continuare più a finanziare tale attività senza pregiudicare la stabilità del bilancio comunale o il taglio di altri servizi importanti ed essenziali per la città, obbliga tutti ad una seria riflessione sulla gestione della finanza pubblica locale e delle sue partecipate, considerando i pesanti tagli effettuati dai vari Governi nazionali negli ultimi anni.
Le tardive ed errate soluzioni di vendita e/o fusione in atri gruppi operanti nel settore dei rifiuti, che leggiamo in questi giorni sui quotidiani, non sono altro che l’ennesima riedizione del vecchio progetto portato avanti dalle precedenti amministrazioni, di realizzare a Livorno un mega TVR con un’altra discarica ex novo, in grado di smaltire tutta la produzione dei rifiuti di tutto l’ATO Costa ed oltre. Progetto errato sia per le previsioni di produzione dei RSU, sia per la loro valutazione (al di fuori dei prezzi di mercato). Quindi, di conseguenza, non in grado di garantire un equilibrio economico, considerando gli elevati costi di investimento ed i tempi necessari per la realizzazione dell’impianto. Il tutto, senza neanche considerare il rilevante impatto ambientale in una città industriale, classificata ad “alto rischio” dal Ministero dell’Ambiente, area SIN ed ai primi posti per la produzione di polveri sottili, con gravi patologie correlate nella popolazione.
Neanche la conferenza sul clima di Parigi ha destato l’attenzione di questi politici di professione che per svariati anni hanno governato un intero territorio senza riuscire a dare una prospettiva seria di sviluppo alternativo al modello industriale realizzato nell’ormai lontano secondo dopoguerra. Senza contare che tali ipotesi sono già state abbondantemente vagliate e bocciate all’interno delle varie istituzioni nella scorsa legislatura.
Chi come noi ha lavorato per anni ad un serio progetto di riconversione ecologica di tutta la filiera dei rifiuti che prevede, secondo le ultime normative europee, l’obbligo del ricic
lo e del riuso, oltre che una riduzione della produzione del numero dei rifiuti prodotti, non può che continuare ad esprimere un forte giudizio negativo su qualunque ipotesi di trasformare il nostro territorio in una “pattumiera”, dove bruciare rifiuti provenienti da mezza Italia.