In questi mesi di campagna referendaria, gli esponenti del PD che più si sono spesi per il Sì, quando non erano impegnati a raccontare come questa riforma assomigli a quella del centrodestra del 2006, non hanno mancato di ricordare (in totale assenza di anche solo un barlume di principio di non contraddizione), come la riforma su cui voteremo il 4 dicembre sia comunque in assoluta continuità con il percorso politico del PD e dell’Ulivo.
Ebbene, in dicembre non solo ci sarà il fatidico ed esiziale (dicono loro) voto sul referendum costituzionale, ma poco dopo ricorreranno anche i dieci anni dalla pubblicazione del Manifesto per il Partito Democratico, promosso da Romano Prodi. E anche se non spetta a noi celebrare questa ricorrenza, forse è bene ricordarla a quanti millantano di aver raccolto quella eredità, specie in tema di riforme costituzionali.
Come detto, infatti, Romano Prodi in prima persona, nel corso del 2006, incaricò tredici personalità di spicco del mondo della cultura e della politica (Rita Borsellino, Liliana Cavani, Donata Gottardi, Roberto Gualtieri, Sergio Mattarella, Ermete Realacci, Virginio Rognoni, Michele Salvati, Pietro Scoppola, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo, Luciano Violante, più Giorgio Ruffolo che abbandonò in corso d’opera la stesura del testo per contrasti col resto del gruppo di lavoro) di redigere un Manifesto per il Partito Democratico, utile a enunciare i valori del nuovo soggetto politico, e possibile bozza e base provvisoria per un futuro manifesto di valori da redigere successivamente la nascita del partito.
Il documento venne reso pubblico all’inizio del 2007, la versione finale del Manifesto dei valori fu approvata dall’assemblea costituente il 16 febbraio 2008.
Tra tutti, vogliamo sottolineare in particolare un passaggio del manifesto in questione, che parla proprio di Costituzione e di riforme costituzionali:
La Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, è il documento fondamentale dal quale prendiamo le mosse. La Costituzione non è una semplice raccolta di norme: oggi non meno di ieri è la decisione fondamentale assunta dal popolo italiano sul come e sul perché vivere insieme. È il più importante fattore di unità nazionale e di integrazione sociale, proprio in quanto assicura il consenso della comunità sui princìpi della convivenza al suo interno e permette di dirimere i conflitti di opinioni e di interessi. Il Partito Democratico riconosce i valori che ispirano la Carta costituzionale, unitamente a quelli della Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, e li assume come princìpi validi per tutti, al di là delle disuguaglianze legate alla nascita, all’educazione, al reddito e alle condizioni individuali.
La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza che essa non è alla mercè della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza, anche promuovendo le necessarie modifiche al procedimento di revisione costituzionale. La Costituzione può e deve essere aggiornata, nel solco dell’esperienza delle grandi democrazie europee, con riforme condivise, coerenti con i princìpi e i valori della Carta del 1948, confermati a larga maggioranza dal referendum del 2006.
Ecco, non occorre aggiungere altro: l’accusa ha terminato, si potrebbe dire.