[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1508481870227{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Dopo un anno e mezzo di intenso lavoro e duro negoziato, ieri abbiamo finalmente approvato in Commissione LIBE del Parlamento europeo la proposta di riforma del Regolamento di Dublino, con una maggioranza ampia e trasversale che va dai socialdemocratici, ai verdi e la sinistra unitaria, per arrivare ai popolari e ai liberali. Una posizione forte ed ambiziosa che il Parlamento porta al tavolo del negoziato con il Consiglio, sfidando gli egoismi nazionali, ma con cui lancia anche un importante segnale ai cittadini europei: almeno una delle tre istituzioni europee mette in campo soluzioni comuni basate sulla solidarietà e l’equa condivisione delle responsabilità.
La soddisfazione è enorme, soprattutto perché gran parte dell’impianto di 145 emendamenti che avevo presentato come relatrice del Gruppo S&D e raccontato qui, si ritrova nel testo approvato ieri. La più grande vittoria sta nell’aver finalmente cancellato il criterio ipocrita del primo Paese di accesso, che negli anni aveva lasciato le maggiori responsabilità sui Paesi di confine, ed averlo sostituito con un un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento. Tutti gli stati membri saranno tenuti a parteciparvi, a pena di conseguenze sui fondi strutturali.
La riforma prevede diverse misure innovative, come una nuova procedura accelerata di ricongiungimento familiare, per cui basteranno sufficienti indicazioni sulla presenza di un familiare in un altro stato membro per un rapido ricollocamento. Questo per evitare che si ripetano situazioni come quella che l’anno scorso ha visto centinaia di minori dormire di fronte alla stazione di Como per tentare di attraversare il confine. Avrebbero potuto chiedere asilo in Italia, ma molti non volevano farlo per non rimanere impigliati in un sistema che prevede attese fino a due anni per un semplice ricongiungimento. Siamo riusciti anche ad ottenere una parziale estensione della nozione di famiglia, che comprende ora anche i fratelli, i figli adulti ancora a carico, e la possibilità di ricongiungimento con un familiare che soggiorni legalmente in altro Stato membro.
Abbiamo ampliato la portata dei criteri di responsabilità, valorizzando i legami significativi del richiedente con altri stati membri (soggiorni precedenti, diplomi e qualifiche) nell’ottica di facilitare l’inserimento sociale. E, qualora nessuno di questi criteri di responsabilità trovasse applicazione, scatterebbe automaticamente il meccanismo di ricollocamento, dando anche al richiedente un certo margine di scelta tra quattro Stati membri, che al momento della sua domanda sono più lontani dal raggiungimento della loro quota. Per attivare il meccanismo di ricollocamento non servirà che un Paese raggiunga una certa soglia di richieste, come proposto dalla Commissione, proprio in virtù del fatto che la riforma disegna un sistema d’asilo centralizzato a livello europeo. In quest’ottica, i costi dell’accoglienza fino alla determinazione dello Stato membro responsabile sarebbero infatti a carico del budget dell’Unione.
Abbiamo anche inserito la possibilità di una sponsorship, tramite la quale organizzazioni che rispondano a determinati requisiti fissati a livello nazionale possano prendersi carico di un richiedente fino a che sia esaminata la sua domanda.
Inoltre abbiamo rafforzato in modo rilevante le garanzie procedurali e gli obblighi di informativa per i richiedenti, in particolare le salvaguardie per i minori non accompagnati, tra le quali la nomina entro ventiquattro ore di un tutore, e la necessità di fare una valutazione multidisciplinare del superiore interesse del minore prima di ogni decisione che lo riguardi.
Fondamentale è, poi, la cancellazione dei check obbligatori di inammissibilità proposti dalla Commissione, che avrebbero obbligato i Paesi di primo ingresso ad effettuare controlli sistematici sull’inammissibilità di tutti i richiedenti, in base ai concetti di Paese terzo sicuro e primo Paese d’asilo, rischiando pericolose discriminazioni sulla base della nazionalità e gravando ulteriormente sui primi Paesi di arrivo.
Ci sono anche cose che ci entusiasmano meno, come il periodo transitorio che, per i primi tre anni, agirebbe sulla distribuzione delle quote degli Stati membri, operando un graduale phase-in per gli Stati che finora hanno accolto meno, posto che il meccanismo permanente ed automatico entrerebbe comunque in funzione da subito. Ed anche la possibilità, per quanto limitata a casi del tutto marginali (e con l’esclusione di minori, ricongiungimenti familiari e persone vulnerabili), che alcuni richiedenti che nella domanda avessero fornito solo elementi irrilevanti ai fini dell’asilo la vedano esaminata nel primo Paese d’arrivo.
Abbiamo ottenuto un importantissimo traguardo, frutto di anni di lavoro e della stretta collaborazione con esperti ed associazioni che hanno dato un contributo fondamentale nella riscrittura del Regolamento. Ma la partita non è finita. Ci aspetta un duro negoziato con il Consiglio, davanti a cui ci presenteremo forti di una posizione che dimostra che il Parlamento non accetterà di lasciare le cose come stanno.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]