Da un paio di giorni i riflettori sono puntati sulla scuola, cosa bizzarra, visto che oltre a servirsi dell’istruzione per propaganda politica ed ideologica, di solito a nessuno interessa veramente cosa succede all’istruzione nel nostro paese.
Il ministro Valditara ha rilasciato al Giornale un’intervista in cui parla della nuova Riforma scolastica e nel giro di qualche dichiarazione la percezione è di uno spin-off di “Ritorno al futuro”.
Tralasciamo il “ritorno” del latino alla scuola secondaria di primo grado (che il ministro si ostina a chiamare “scuola media”, sorvolando sulla nuova denominazione voluta dalla Riforma Moratti più di 20 anni fa), visto che con l’autonomia scolastica si possono già attivare corsi di latino da anni. La perplessità rimane sempre la stessa: da quale altra materia verrà preso il tempo necessario per inserire lo studio del latino in orario curricolare?
Tralasciamo che nessuno ha commentato il ritorno dei giudizi sintetici alla scuola primaria (“elementari” per il ministro), dopo tre anni di sperimentazione effettivamente buttata nel cestino (e di risorse economiche per la formazione, risorse umane per stilare i nuovi obiettivi di valutazione, tempo per spiegare a genitori/tutori il cambiamento in atto).
Quello che lascia più interdetti è sicuramente il sapore nostalgico e italo-centrico di tutto il discorso, il poule tutto al maschile a capo della commissione, l’assenza di studentesse e studenti al tavolo delle decisioni sul futuro della loro istruzione.
Il focus dello studio della storia, quella del “nostro paese e dell’occidente, senza sovrastrutture ideologiche”.
Le poesie da imparare a memoria, come se le insegnanti di scuola primaria già non lo facessero.
L’avvicinamento dei bambini e bambine alla comprensione della musica, quando poi, in Italia, la categoria di lavoratori dei musicisti è tra le più bistrattate tra gli artisti.
Infine, come se non bastasse, a questo teatrino anacronistico si è aggiunta Paola Frassinetti, sottosegretaria al ministero dell’Istruzione, che ci ha tenuto a sottolineare che lo studio della Bibbia avrà una posizione nell’istruzione primaria.
È sempre stato così: le riforme sono l’unica cosa che è concessa al ministero dell’istruzione per dare un’idea di cambiamento senza effettivamente spendere soldi.
Le classi-pollaio, più della metà degli edifici scolastici obsoleti e non sicuri, la necessità dell’introduzione di un’educazione alla sessualità e all’affettività, far fronte alla quasi totale assenza dello sviluppo del pensiero critico, l’introduzione obbligatoria di pedagogisti all’interno delle scuole primarie e psicologi e psicoterapeuti alle scuole secondarie, una supervisione periodica degli insegnanti, un supporto maggiore agli insegnanti di sostegno, il riconoscimento della professione dell’educatore, potremmo andare avanti e elencare le vere priorità, rispetto alla reintroduzione del latino e della Bibbia.
Non ci resta dunque che dire: bentornati nel ventennio.
Flavia Farina
Alla Base la Scuola