E’ chiaro a tutti, seguendo il mesto dibattito politico di questi giorni (di questi anni?) che la divisione tra i due fronti referendari che si vuole rappresentare è tanto semplicisticamente manichea quanto grottescamente caricaturale: da un lato i giovani innovatori del fronte del sì, quelli che vogliono togliere l’Italia dalle secche dopo trent’anni di immobilismo; dall’altro i vecchi conservatori del fronte del no, che vogliono tenere il Paese bloccato per paura di cambiare o per vili interessi di casta.
Ci scuseranno se le nostre parole finiranno per rovinare questo quadretto, ma vorremmo sommessamente (ma neanche tanto) dire che non è così che stanno le cose.
C’è per lo meno un pezzo del fronte del no, di cui ci sentiamo parte, anche se non abbiamo l’ardire di rappresentarlo interamente, che si oppone a questa riforma semplicemente perché ritiene che di cambiamento ci sia bisogno, ma non questo. Il nostro Paese ha bisogno di cambiare, le nostre istituzioni potrebbero certamente funzionare meglio, ma per piacere usciamo dal gossip e andiamo al testo: la proposta su cui ci si chiede di votare il 4 dicembre non farebbe che peggiorare la situazione.
E a noi non basta essere quelli del “fare”, vogliamo essere quelli del fare bene, del fare ciò che serve.
La “grande riforma” della Costituzione che ci viene proposta è, infatti, l’opposto di ciò che serve.
Servirebbe semplificazione. Questa revisione costituzionale complica. Complica i procedimenti decisionali (a mano che il Governo non imponga il voto a data certa) e complica (di nuovo e di più) i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
Servirebbe partecipazione. Questa revisione costituzionale chiude la politica nei palazzi. Toglie ai cittadini la scheda per eleggere i senatori, consegnata ai consiglieri regionali (il nuovo art. 57, comma 2, infatti, reciterebbe «I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori»), abbassa il quorum dei referendum solo se proposti da grandi associazioni e partiti, promette ma non mantiene referendum propositivi e interviene direttamente sulle leggi di iniziativa popolare solo per aumentarne le firme.
Ora, la semplificazione e la partecipazione passano, invece, attraverso alcune riforme mirate, molte delle quali hanno già un ampio grado di condivisione, che ne avrebbe consentito – e ne consentirebbe in caso di vittoria del NO – una rapida approvazione, senza divisioni.
Per questo riteniamo utile partire dal documento presentato alcune settimane fa da quattro studiosi ai quali spesso ci siamo affidati per le nostre proposte in materia, Pasquino, Pertici, Viroli e Zaccaria, e che infatti abbiamo immediatamente fatto nostro, condividendolo anche con D’Alema, che, a partire anche da questo, ieri ha convocato un’assemblea pubblica.
In questo documento notiamo due punti che sono condivisi da tutti – perfino dal Governo – e che quindi proponiamo di approvare subito praticamente all’unanimità:
- la eliminazione del CNEL;
- la fiducia al Governo espressa dalla sola Camera dei deputati.
Altri due punti di quel documento, di grande importanza nella loro efficacia, su cui abbiamo trovato in particolare la forte condivisione di D’Alema e la fondazione Italianieruropei sono:
- la riduzione del numero dei deputati e dei senatori, tutti da eleggere a suffragio universale diretto (con collegata riduzione delle indennità e degli altri emolumenti, su cui abbiamo concretamente presentato una proposta);
- la semplificazione del procedimento legislativo, non solo attraverso un intervento (che continua ad essere rinviato) sui regolamenti parlamentari, ma anche e soprattutto attraverso la introduzione di una commissione paritetica di deputati e senatori capace di superare i pochi casi in cui le leggi vengono rinviate da un Camera all’altra senza trovare una conclusione.
Un ultimo punto del documento sta particolarmente a cuore a Possibile – come ricordato anche ieri – ma trova certamente ampia condivisione soprattutto tra i cittadini: si tratta della partecipazione e in particolare di modifiche capaci di portare a:
- l’abbassamento del quorum per il referendum abrogativo
- l’obbligo per le Camere di discutere e approvare entro un certo termine le leggi di iniziativa popolare che sarebbero altrimenti sottoposte direttamente al voto dei cittadini con un referendum.
Per questo, nella consapevolezza che non ricorre nessun presupposto per una stagione “costituente”, abbiamo proposto una condivisione per punti, che possono essere approvati anche separatamente, e che certamente contribuirebbero a rendere l’Italia un Paese più semplice e più partecipato dai cittadini.
Per questo noi ci siamo, come ci siamo sempre stati dall’inizio di questa legislatura, con proposte chiare e trasparenti, che si oppongono a quelle cangianti che ci vengono proposte (ad esempio che vorrebbero senatori non eletti ma anche eletti). Su questo auspichiamo, nel merito, la più ampia condivisione possibile.