Rimpatri in Sudan: in Belgio traballa il governo, in Italia tutto tace

Nell'agosto del 2016 abbiamo denunciato a più riprese il rimpatrio di cittadini sudanesi verso il Sudan, paese nel quale vige la dittatura di Omar al-Bashir

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il gover­no del Bel­gio sta affron­tan­do un momen­to di cri­si a cau­sa di quel­lo che vie­ne defi­ni­to uno “scan­da­lo poli­ti­co” che ruo­ta attor­no alla noti­zia secon­do la qua­le alcu­ni cit­ta­di­ni suda­ne­si «sareb­be­ro sta­ti arre­sta­ti e tor­tu­ra­ti al loro arri­vo in Sudan», dove era­no sta­ti rim­pa­tria­ti for­za­ta­men­te dal­le auto­ri­tà bel­ghe in vir­tù di un accor­do del­lo scor­so set­tem­bre sot­to­scrit­to col gover­no afri­ca­no. Le oppo­si­zio­ni e mol­te asso­cia­zio­ni chie­do­no le dimis­sio­ni del «mini­stro per l’Asilo e l’Immigrazione Theo Franc­ken, respon­sa­bi­le dell’accordo con il Sudan per i rim­pa­tri, che appar­tie­ne al par­ti­to di estre­ma destra Allean­za Neo-Fiam­min­ga (N‑VA)».

Se in Bel­gio tra­bal­la un gover­no, in Ita­lia non suc­ce­de nien­te. Nel­l’ago­sto del 2016 abbia­mo denun­cia­to a più ripre­se il rim­pa­trio di cit­ta­di­ni suda­ne­si ver­so il Sudan, pae­se nel qua­le vige la dit­ta­tu­ra di Omar al-Bashir, sul qua­le rica­de un man­da­to d’arresto emes­so nel 2009 dal­la Cor­te pena­le inter­na­zio­na­le per cri­mi­ni di guer­ra e cri­mi­ni con­tro l’umanità per­pe­tra­ti duran­te il con­flit­to nel Dar­fur. Alle nostre denun­ce è segui­ta un’inter­ro­ga­zio­ne par­la­men­ta­re alla qua­le il gover­no si è degna­to di rispon­de­re con paro­le gra­vis­si­me e inde­gne, ma il silen­zio è con­ti­nua­to imper­ter­ri­to. La mat­ti­na del 24 ago­sto, ha scrit­to il sot­to­se­gre­ta­rio Dome­ni­co Man­zio­ne nel­la rispo­sta, «qua­ran­ta­set­te suda­ne­si sono sta­ti accom­pa­gna­ti a bor­do di due pull­man a Tori­no. Qua­ran­ta di essi sono sta­ti por­ta­ti all’ae­ro­por­to» e «imbar­ca­ti sul volo aereo diret­to a Khar­toum […] Gli altri set­te stra­nie­ri sono sta­ti accom­pa­gna­ti pres­so il Cie di quel­la cit­tà, per indi­spo­ni­bi­li­tà di posti sul volo char­ter». Que­sti set­te, pro­ba­bil­men­te con­vin­ti dal­l’a­ver assi­sti­to al rim­pa­trio dei qua­ran­ta con­cit­ta­di­ni, han­no for­ma­liz­za­to richie­sta d’a­si­lo. «Si sog­giun­ge — pro­se­gue Man­zio­ne — che tut­ti e set­te i cit­ta­di­ni suda­ne­si, in tem­pi diver­si, han­no otte­nu­to lo sta­tus di pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le». Ave­te capi­to bene: ai set­te che il gover­no non è riu­sci­to a imbar­ca­re for­za­ta­men­te è sta­ta rico­no­sciu­ta pro­te­zio­ne internazionale.

Il rim­pa­trio sareb­be avve­nu­to, pro­se­gue Man­zio­ne, all’in­ter­no del “pro­ces­so di Khar­toum” e, in par­ti­co­la­re, basan­do­si su un «memo­ran­dum d’in­te­sa tra il dipar­ti­men­to del­la pub­bli­ca sicu­rez­za del Mini­ste­ro del­l’in­ter­no ita­lia­no e la Poli­zia nazio­na­le del Mini­ste­ro del­l’in­ter­no suda­ne­se per la lot­ta alla cri­mi­na­li­tà, gestio­ne del­le fron­tie­re e dei flus­si migra­to­ri ed in mate­ria di rim­pa­trio. […] Il memo­ran­dum d’in­te­sa è, quin­di, uno stru­men­to di natu­ra tec­ni­ca-ope­ra­ti­va, che – come pre­vi­sto nel­l’or­di­na­men­to nazio­na­le – può esse­re sti­pu­la­to ad un livel­lo infra-gover­na­ti­vo, in quan­to non impli­ca scel­te di natu­ra poli­ti­ca, ma si limi­ta a intro­dur­re e disci­pli­na­re misu­re di flui­di­fi­ca­zio­ne di pro­ce­du­re già con­tem­pla­te nel­l’or­di­na­men­to. Qua­si sem­pre, que­sti stru­men­ti pre­ve­do­no ampie con­ces­sio­ni da par­te ita­lia­na di aiu­ti anche in for­ma di assi­sten­za tec­ni­ca, for­ni­tu­re di mez­zi e atti­vi­tà for­ma­ti­va, desti­na­te o spe­ci­fi­ca­men­te mira­te all’a­ge­vo­la­zio­ne dei rim­pa­tri o a una più ampia col­la­bo­ra­zio­ne di poli­zia. Attual­men­te i memo­ran­dum con­clu­si sono undi­ci e sono, inol­tre, in cor­so con­tat­ti per la nego­zia­zio­ne di ana­lo­ghe inte­se con le auto­ri­tà di Ban­gla­desh, Costa D’A­vo­rio, Gha­na, Paki­stan e Senegal».

E’ uti­le cita­re ampi stral­ci del­la rispo­sta all’in­ter­ro­ga­zio­ne per ave­re ben chia­re tut­te le respon­sa­bi­li­tà. In pri­mo luo­go, il dirit­to inter­na­zio­na­le ci impo­ne un asso­lu­to divie­to di respin­ge­re per­so­ne ver­so pae­si nei qua­li rischia­no di subi­re tor­tu­re e trat­ta­men­ti inu­ma­ni e degra­dan­ti. In secon­do luo­go, accor­di che han­no una for­tis­si­ma valen­za poli­ti­ca (dato che riguar­da­no la tute­la dei dirit­ti uma­ni) e che com­por­ta­no impe­gni finan­zia­ri (le «ampie con­ces­sio­ni di aiu­ti») ven­go­no deru­bri­ca­ti ad accor­di tra appa­ra­ti di sicu­rez­za, men­tre la Costi­tu­zio­ne reci­ta che sono le Came­re a dover auto­riz­za­re «la rati­fi­ca dei trat­ta­ti inter­na­zio­na­li che sono di natu­ra poli­ti­ca» o che com­por­ta­no «one­ri alle finan­ze». In ter­zo luo­go, il gover­no ita­lia­no si è dimo­stra­to cam­pio­ne, anco­ra una vol­ta, nel pro­ces­so di ester­na­liz­za­zio­ne del­le fron­tie­re secon­do il più clas­si­co sche­ma sol­di per rifu­gia­ti, di col­la­bo­ra­zio­ne con regi­mi san­gui­na­ri, di vio­la­zio­ni pale­si dei dirit­ti uma­ni.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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