Cosa non si fa per restare a galla.
Persino il #salariominimo è diventato “fattibile” nelle ultime 48 ore, pur di salvare il governicchio. Peccato che l’idea del ministro Orlando sia un pasticcio.
Dice infatti il ministro che stanno lavorando per “usare come riferimento contratti più diffusi o firmati delle organizzazioni maggiormente rappresentative”. Tuttavia il salario minimo risultante non sarebbe univoco bensì verrebbero individuati minimi retributivi per ogni comparto. Così facendo,
i) si accettano i risultati della contrattazione tal quali (e in alcuni casi le paghe da fame sono scritte nero su bianco NEI contratti);
ii) si rinuncia a un salario minimo nazionale, che valga per tutti a prescindere dal comparto (quindi niente effetto faro per gli atipici); in questo modo la contrattazione collettiva può continuare a languire e a impiegare anni per ottenere piccoli ritocchi delle retribuzioni;
iii) inoltre, stando alle dichiarazioni di Orlando, i contratti che si collocano al di sotto di questo livello (di comparto) restano tal quali, al loro posto, come se nulla fosse.
E pensare che basterebbe rifarsi alle rilevazioni statistiche ISTAT sui 75 contratti collettivi più rappresentativi, calcolarne il salario mediano e infine determinare il salario minimo al 60–65% di tale livello. Così otterremmo UN valore di salario minimo, un riferimento forte e chiaro, non un caleidoscopio di numeri difficilmente comprensibile. Come al solito, però, non contano i risultati. Conta solo mettere etichette a presunte e raffazzonate riforme.