Salvataggi in mare: la ritirata e la sconfitta delle istituzioni

Se ci si stupisce dell'aumento dei salvataggi operati da ONG bisognerebbe stupirsi ancora di più della ritirata delle istituzioni, che ora puntano il dito contro le ONG. E' un gioco ipocrita che nasconde responsabilità politiche

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1499159262713{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Da destra a sini­stra (sini­stra?) è sta­to indi­vi­dua­to il pro­ble­ma: si trat­ta del­le Orga­niz­za­zio­ni non gover­na­ti­ve, col­pe­vo­li di sal­va­re i migran­ti in mare e, dal pun­to di vista ita­lia­no, di sca­ri­car­li in Ita­lia, non facen­do altro che quan­to pre­vi­sto dal dirit­to inter­na­zio­na­le che pre­ve­de a) il divie­to di respin­gi­men­ti col­let­ti­vi e b) l’ob­bli­go di soc­cor­so in mare e appro­do al por­to sicu­ro più vici­no.

L’I­ta­lia non ci sta. I migran­ti arri­va­no tut­ti da noi e non ce la fac­cia­mo — que­sta la tesi — ad acco­glie­re 180­mi­la-200­mi­la per­so­ne all’an­no (quan­do la Ger­ma­nia ha rice­vu­to, nel 2016, oltre 700mila doman­de d’a­si­lo): le navi del­le ONG — que­sta la solu­zio­ne pro­po­sta dal Gover­no ita­lia­no — devo­no recar­si ver­so altri por­ti, pre­fe­ri­bil­men­te quel­li di cui bat­to­no ban­die­ra. Una pro­po­sta che non solo è con­tra­ria al dirit­to inter­na­zio­na­le, ma che soprat­tut­to rischia di apri­re un per­ver­so e maca­bro gio­co al rim­bal­zo del­le respon­sa­bi­li­tà, e quin­di dei rifu­gia­ti. In pri­mo luo­go per­ché nel Medi­ter­ra­neo ope­ra­no ONG che bat­to­no ban­die­ra non solo tede­sca o olan­de­se, ma anche del Beli­ze, del­le Iso­le Mar­shall e così via, sostan­zial­men­te per ragio­ni fisca­li: soste­ne­re che i migran­ti deb­ba­no esse­re por­ta­ti nel pae­se di cui le ONG bat­to­no ban­die­ra vuol dire espor­re le per­so­ne soc­cor­se in mare, per defi­ni­zio­ne in con­di­zio­ni estre­ma­men­te pre­ca­rie, a lun­ghi viag­gi e, in secon­do luo­go, allon­ta­na­re le ONG dal­la zona di ricer­ca e soc­cor­so per mol­to tem­po.

Inol­tre, met­te­re sul piat­to la minac­cia di chiu­de­re i por­ti ita­lia­ni all’ac­ces­so del­le navi di que­ste ONG vuol dire legit­ti­ma­re tale poli­ti­ca: chi ci assi­cu­ra che la Fran­cia non farà lo stes­so? E che di con­se­guen­za lo farà la Spa­gna? Col risul­ta­to che avre­mo navi dan­na­te, cari­che di dispe­ra­ti, che vaga­no nei nostri mari? E’ una sto­ria già vista: è la sto­ria del Tran­sa­tlan­ti­co St. Louis, cari­co di per­so­ne di reli­gio­ne ebrea e respin­to da Cuba, Sta­ti Uni­ti e Cana­da. Era il 1939, il St. Louis era sal­pa­to da Ambur­go e fu costret­to a fare ritor­no in Europa.

E’ un gio­co ipo­cri­ta e male­det­to quel­lo a cui stia­mo assi­sten­do, che sca­ri­ca sul vaso di coc­cio, le ONG, respon­sa­bi­li­tà non loro, se è vero (come è vero) che il prin­ci­pa­le nodo che impe­di­sce uno sfor­zo coor­di­na­to nel­la gestio­ne del­le doman­de d’a­si­lo a livel­lo euro­peo è il Rego­la­men­to di Dubli­no. E se è vero, come è vero, che le ONG con­tri­bui­sco­no con uno sfor­zo impor­tan­tis­si­mo, ma comun­que mino­ri­ta­rio rispet­to a tut­ti i sal­va­tag­gi ope­ra­ti in mare. Nel 2016, infat­ti, le per­so­ne trat­te in sal­vo da navi ONG sono sta­te 46.796, su un tota­le di 178.415.

Il gra­fi­co, rie­la­bo­ra­to su dati for­ni­ti dal­la Guar­dia costie­ra ita­lia­na, foto­gra­fa chia­ra­men­te la situa­zio­ne: le ONG non fan­no altro che fare quel che fan­no le altre navi, che in lar­ghis­si­ma par­te agi­sco­no con man­da­to isti­tu­zio­na­le.

L’e­vo­lu­zio­ne sto­ri­ca dei sal­va­tag­gi, inol­tre, può sug­ge­ri­re un’ul­te­rio­re considerazione:

Quel che appa­re evi­den­te è una sostan­zia­le sta­bi­li­tà dei sal­va­tag­gi in mare a par­ti­re dal 2014, a fron­te del­la qua­le sono cam­bia­ti gli ope­ra­to­ri dei sal­va­tag­gi stes­si. In par­ti­co­la­re si nota il disim­pe­gno del­la Mari­na Mili­ta­re Ita­lia­na: nel 2014 era atti­va la mis­sio­ne ita­lia­na “Mare Nostrum”, non rin­no­va­ta alla fine del­l’an­no e sosti­tui­ta da mis­sio­ni euro­pee che però, non aven­do lo stes­so man­da­to ope­ra­ti­vo di “Mare Nostrum” e non pre­ve­den­do lo stes­so dispie­ga­men­to di mez­zi, han­no ope­ra­to un nume­ro di sal­va­tag­gi mol­to infe­rio­re. Nel 2014, infat­ti, la Mari­na Ita­lia­na sal­vò cir­ca 83mila per­so­ne, men­tre nel 2016 i sal­va­tag­gi ope­ra­ti da Euna­v­for­med, Fron­tex e da navi mili­ta­ri stra­nie­re sono sta­ti, in tota­le, cir­ca 44mila: la metà.

Se ci si stu­pi­sce del­l’au­men­to dei sal­va­tag­gi ope­ra­ti da ONG biso­gne­reb­be stu­pir­si anco­ra di più del­la riti­ra­ta del­le isti­tu­zio­ni, che ora pun­ta­no il dito con­tro le ONG. E’ un gio­co ipo­cri­ta che nascon­de respon­sa­bi­li­tà poli­ti­che. E’ una que­stio­ne di respon­sa­bi­li­tà poli­ti­che, a par­ti­re dal­l’in­ca­pa­ci­tà di rifor­ma­re il rego­la­men­to di Dubli­no, di dare atto al pro­gram­ma di relo­ca­tion da Ita­lia e Gre­cia e di attua­re quei prin­ci­pi di soli­da­rie­tà nel­la gestio­ne del­l’a­si­lo già pre­vi­sti dai trat­ta­ti del­l’U­nio­ne euro­pea.

Per la cro­na­ca, men­tre scri­vo è sta­ta bloc­ca­ta al por­to di Paler­mo la nave di Medi­ci sen­za fron­tie­re, per moti­vi buro­cra­ti­ci, dicono.

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