Sophia nasce con decisione del Consiglio UE del 18 maggio 2015 ed è un’operazione militare dell’Unione europea, denominata ufficialmente EUNAVFOR MED, finalizzata a “smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale”, “adottando misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità del diritto internazionale applicabile.”
Il ministro Salvini — che dopo Milano Marittima approda in Versilia — minaccia (a chi?) di interrompere questa operazione, “perché se siamo in 27 paesi, allora dobbiamo dividere per 27”, riferendosi non all’ultimo banchetto coi suoi sodali (famo alla romana?) ma ai “45.000 clandestini” asseritamente portati in Italia dall’operazione Sophia.
Un ministro che ama il mare ma non conosce il diritto del mare e non sa di cosa parla.
Perché l’operazione Sophia, di cui abbiamo qui descritto testualmente la mission, con la redistribuzione dei migranti fra i paesi membri dell’Unione Europea c’entra come i cavoli a merenda.
Sophia è un’operazione militare volta a contrastare l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ma la distribuzione dei migranti tra gli Stati è regolata da altre norme, come quel Regolamento di Dublino sulla cui riforma — mentre la Lega di Salvini disertava i lavori, in altre faccende affaccendata — il Parlamento europeo ha lungamente discusso fino ad approdare ad un voto storico che la nostra europarlamentare Elly Schlein, tra i relatori del provvedimento, ha così descritto: “si supera il criterio ipocrita del primo paese d’accesso e si sostituisce con un meccanismo automatico e permanente di ricollocamento cui tutti gli stati sono tenuti a partecipare, pena conseguenze sui fondi strutturali.”
Sarebbe poi normale che un giornalista qualsiasi in un paese normale facesse notare dialetticamente allo straparlante Ministro dell’Interno che quelli che lui chiama “clandestini” sono tutti potenziali richiedenti asilo, che solo dopo il doveroso salvataggio in mare, l’approdo nel porto sicuro più vicino e il vaglio della domanda di protezione internazionale da parte di una Commissione indipendente a ciò deputata dalla legge, potranno essere definiti in un modo (irregolari, migranti economici) o nell’altro (rifugiati o titolari di protezione sussidiaria o umanitaria).
Non sono sottigliezze da azzeccagarbugli ma il minimo sindacale di cultura costituzionale che si dovrebbe esigere da un Ministro della Repubblica.
Che confonde Sophia con Dublino e che pensa di potere disinvoltamente eludere e impunemente violare le norme interne e internazionali del diritto marittimo e umanitario.
Finché una magistratura più attenta di quella che, sbagliando completamente la mira, ha indagato le ong e le ha screditate pubblicamente finendo poi per archiviare l’inchiesta, non lo chiamerà a rispondere delle sue responsabilità (non solo politiche).