Salvini non voleva governare, Di Maio ridotto a comprimario

Se aves­si pron­to un gover­no con un par­ti­to con cui ho scrit­to un con­trat­to in cui cre­do, aves­si il mini­ste­ro per fare le cose che mi osses­sio­na­no da anni, se aves­si la pro­po­sta del mio vice al Bilan­cio e il pro­fes­so­re no euro alle Finan­ze, il gover­no lo avrei fat­to. Con l’altro mio vice, indi­ca­to come mini­stro a sua vol­ta, i miei uomi­ni in tut­ti i ruo­li chia­ve, un allea­to ogget­ti­va­men­te più debo­le e incer­to sot­to il pro­fi­lo politico.

Per­ché Sal­vi­ni — che ha ridot­to Di Maio al ruo­lo di un com­pri­ma­rio spae­sa­to o for­se inte­res­sa­to alla stes­sa que­stio­ne — ha rifiu­ta­to? Per­ché è un no euro o per­ché vuo­le vota­re. O tut­te e due le cose insie­me. E for­se anche per­ché non c’era una coper­tu­ra che fos­se una al mix di pro­po­ste irrea­liz­za­bi­li scrit­te in un con­trat­to fan­ta­sio­so. Un rea­li­smo magi­co, anzi, solo magi­co, per­ché di rea­li­smo c’era poco o nulla.

Ne con­se­gue anche che chi si fa pala­di­no del popo­lo al popo­lo non dice mai la veri­tà sul­le sue inten­zio­ni. Non ha det­to di esse­re no euro, non ha det­to di voler tor­na­re a votare

Dall’altra altra par­te c’è un par­ti­to di mag­gio­ran­za rela­ti­va, il Movi­men­to 5 Stel­le, che ha pre­so un sac­co di voti di sini­stra e si è con­se­gna­to mani e pie­di a uno che ha pre­so la metà dei suoi voti. Sia­mo piut­to­sto lon­ta­ni dal “rispet­to del­la volon­tà popo­la­re”, di cui in tan­ti, trop­pi stra­par­la­no in que­ste ore.

Quin­di più che di volon­tà popo­la­re, più che di con­trat­to di gover­no, più che di “fare le cose per il bene degli ita­lia­ni”, il vero obiet­ti­vo era un pro­get­to di gover­no che andas­se nel­la dire­zio­ne dell’uscita dall’Euro o che impo­nes­se, come pun­tual­men­te sta avve­nen­do in que­ste ore, un dibat­ti­to pre­pa­ra­to­rio per la pros­si­ma cam­pa­gna elet­to­ra­le, pro o con­tro le isti­tu­zio­ni, a par­ti­re da quel­la del Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca. Dibat­ti­to che sta peri­co­lo­sa­men­te assu­men­do i toni del tifo di par­te, in spre­gio al fon­da­men­ta­le ruo­lo ter­zo, di garan­te degli equi­li­bri isti­tu­zio­na­li che tut­ti noi dovrem­mo tene­re som­ma­men­te in con­si­de­ra­zio­ne, sen­za tirar­lo da una par­te o dall’altra.

In uno Sta­to di Dirit­to gli equi­li­bri isti­tu­zio­na­li sono fon­da­men­ta­li, van­no tenu­ti in sicu­rez­za, sen­za met­ter­li in discus­sio­ne e strattonarli.

La vita del­le per­so­ne, le con­se­guen­ze di una mone­ta sva­lu­ta­tis­si­ma, gli inte­res­si del mutuo in ban­ca che si impen­na­no, i loro fati­co­si rispar­mi che si annul­la­no, il pote­re d’acquisto dimez­za­to. Que­sto è il tema. E di que­sto non si è mai discus­so. Nè in cam­pa­gna elet­to­ra­le, né in que­sti lun­ghis­si­mi 83 giorni.

Que­sto Andrea Mae­stri ed io scri­ve­va­mo un mese fa. Lo riba­dia­mo anche oggi, con rin­no­va­ta urgenza:

Voglia­mo tener­ci lon­ta­no dal tea­tri­no di que­ste ore a cui con stu­po­re osser­via­mo par­te­ci­pa­no in tan­ti. Que­sti due mesi indi­ca­no con chia­rez­za l’ina­de­gua­tez­za di chi si pro­po­ne­va come l’alternativa ed ha fini­to per rica­de­re negli stes­si tat­ti­ci­smi di che con­te­sta­va ed allo stes­so tem­po ha evi­den­zia­to che nep­pu­re la più bru­ta­le del­le scon­fit­te è ser­vi­ta alla sini­stra in tut­te le sue decli­na­zio­ni per ripen­sa­re se stes­sa. Da gior­ni sem­pre le stes­se paro­le e sem­pre gli stes­si vol­ti, inca­pa­ci di avan­za­re una pro­po­sta cre­di­bi­le al Pae­se e mos­si dal­la prin­ci­pa­le moti­va­zio­ne di con­ser­va­re se stes­si.

Noi non aspet­tia­mo, noi ci orga­niz­zia­mo per offri­re al Pae­se una nuo­va pro­po­sta. Ita­lia­na e europea.

Per­ciò ini­zia­mo a costruir­la ed a chie­de­re ai comi­ta­ti di par­ti­re con la cam­pa­gna, indi­vi­duan­do, con meto­do demo­cra­ti­co e aper­to, le figu­re che pos­sa­no rappresentarla.

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La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.