Non ci stancheremo di ripeterlo: le rinnovabili devono essere sbloccate, devono essere ridotti i tempi per le autorizzazioni e le richieste di allaccio alla rete, che raggiungono oggi — in media — due anni di tempo per ricevere una risposta da parte delle pubbliche amministrazioni e di Terna, il gestore della rete elettrica nazionale. Limitandoci alle sole richieste di connessione, se a fine 2020 i GW di potenza installabile per cui si avanzavano le istanze ammontavano a 95 GW, a fine 2021 questo numero ha superato di gran lunga i 200 GW e si è attestato a 280 verso la fine di agosto. Il valore monstre di richieste pendenti è stato rivelato dallo stesso AD di Terna, Stefano Donnarumma, il quale ha commentato facendo notare l’interesse crescente degli investitori in iniziative di produzione di energia da fonti rinnovabili nel nostro paese. Donnarumma ha anche offerto un metro di paragone: basti pensare che per sopperire al blocco del gas russo servirebbero 70 GW di potenza da FER. Sembra quindi che il passaggio sia accessibile e che la decarbonizzazione sia alla portata.
Ma la questione è più complicata di quanto questo banale paragone possa farvi pensare.
Primo. I 280 GW non sono in “attesa di connessione” alla rete, almeno non nel senso in cui i non addetti ai lavori intenderebbero questa frase. La richiesta di connessione a Terna è uno degli atti preliminari che un’impresa che voglia installare un impianto FER sopra una certa taglia (facciamo 10 MW) deve avviare prima degli investimenti, per avere una base certa sulla realizzabilità dell’opera.
Sarebbe un danno grave scoprire, una volta messo a terra tutto l’impianto di produzione, che per qualche ragione (tecnica o burocratica) questo non possa essere reso operativo. Non che casi di questo tipo non siano accaduti, anche in presenza di una risposta affermativa di Terna all’istanza iniziale, ma si tratta di uno dei due passaggi autorizzativi senza il quale difficilmente si può passare dal progetto all’impianto. Pertanto, sbloccare i 280 GW dal punto di vista autorizzativo, non significa che domani mattina questa capacità sia immediatamente a disposizione.
Secondo. Occorre che Terna chiarisca sulla reale consistenza di quel numero, i 280 GW. Quante di queste richieste riguardano impianti in concorrenza tra di loro? Quanti sono davvero autorizzabili e quanti invece saranno bloccati in conseguenza di altre installazioni in prossimità dello stesso snodo della rete? Quali sono gli interventi da attuare sulla rete medesima affinché possa ricevere buona parte di questo carico?
Terzo. Come detto, la richiesta di connessione a Terna è solo uno dei passaggi autorizzativi da superare. Ve ne sono altri che coinvolgono lo Stato, le Regioni e gli Enti locali sulla conformità paesaggistica, ambientale, urbanistica dell’impianto. La mancata individuazione di aree idonee / inidonee da parte delle Regioni, unita alla difformità nei procedimenti tra un territorio e l’altro, può alimentare ancor di più l’incertezza sulla reale praticabilità di questi 280 GW.
Quarto. Il mercato di settore, già sotto stress per la carenza di componentistica post pandemia, già alterato dal generoso incentivo del Superbonus 110% (che ha posto il fotovoltaico residenziale tra gli interventi cosiddetti “trainati”), ulteriormente innescato dalla crisi energetica (che spinge famiglie e aziende a mettere in campo soluzioni rapide per abbattere le bollette), è ormai completamente saturo. Non abbiamo né la capacità produttiva (grossa parte del mercato fotovoltaico è soddisfatto dalla produzione cinese), né quella di installazione per rispondere a ulteriori rapide crescite della domanda. Quindi scordiamoci di mettere in campo subito tutti questi GW.
È certamente più ragionevole porsi un obiettivo annuale, che non sia il modestissimo risultato fatto registrare in questi anni, in cui i GW effettivamente autorizzati erano sempre inferiori a 1, bensì stabilire che almeno 10 GW siano autorizzati e “messi a terra”, altrimenti stiamo parlando in modo effimero e poco rispettoso di tutti, specie ora che il costo del KWh in bolletta è salito a 0,55 euro.
Detto ciò, se riuscissimo davvero a realizzare una parte di questa capacità potenziale sventolata dall’AD di Terna nelle conferenze stampa, la decarbonizzazione sarebbe proprio dietro l’angolo (con buona pace dei nuclearisti). Queste azioni andrebbero unite alla riforma del mercato elettrico, con il disaccoppiamento tra prezzo del gas e dell’elettricità, che da sola garantirebbe al paese risparmi dell’ordine di 20 miliardi di euro l’anno. Più rinnovabili (e i necessari sistemi di accumulo) significa bollette più leggere e zero supporto a autocrati guerrafondai che limitano le libertà civili nel proprio paese. Non possiamo certamente sopperire in pochi mesi ad anni di blocco e assenza di investimenti. Nel solo 2013, stando ai dati Terna, avevamo installato rispettivamente 18 e 9 GW di FV ed eolico. Poi il buio. Nei sette successivi abbiamo installato in totale rispettivamente 22 e 11 GW. Il mancato rinnovo degli incentivi nel 2013 ci è costato il caro bollette di oggi. Domani costerebbe la sopravvivenza del paese. Pensiamoci.