[vc_row][vc_column][vc_column_text]Sabato è iniziato lo sciopero delle calciatrici del campionato femminile spagnolo. La prima partita in programma (Espanyol-Granadilla), dopo l’inizio dello sciopero, non ha visto il pallone rotolare sul campo di gioco, solo la capitana biancoazzurra Paloma Fernández si è presentata per spiegare la situazione, le altre calciatrici non hanno risposto alla convocazione, la squadra del Granadilla direttamente non ha preso l’aereo per raggiungere Barcellona. La terna arbitrale, dopo 33 minuti di attesa rispetto all’orario previsto per l’inizio del match, ha constato che le due squadre non si sono presentate. La Federazione (RFEF) consapevole della situazione non ha sospeso la giornata di campionato. Lo sciopero era stato annunciato da tempo, adesso le calciatrici vogliono (e pensano di meritare) un tavolo con la Federazione per discutere e raggiungere un accordo sui contratti e sui propri diritti.
Si tratta di uno sciopero senza precedenti nel mondo del calcio, tutto il calcio femminile sta osservando che effetti avrà questo che è un vero e proprio sciopero ad oltranza finchè non sia raggiunto un accordo che soddisfi le rappresentanti (quasi 200) dei club di Prima divisione dell’Assemblea dell’Associazione delle calciatrici spagnole (AFE). La maggioranza appoggia convintamente lo sciopero, una minoranza lo appoggia senza esserne del tutto convinta (anche se tutte convengono sulla necessità di cambiare le loro condizioni lavorative, come ha detto Bea Parra, una delle poche calciatrici ad aver espresso qualche perplessità) e una piccolissima minoranza è contraria.
Il timore di quest’ultime riguarda la possibilità che gli adeguamenti contrattuali e salariali possa lasciare i club senza risorse in poco tempo vedendo così molte calciatrici rimanere senza contratto.
La mediazione del Governo tramite la Direzione Generale del Lavoro è risultata infruttuosa.
Nello specifico i temi che le calciatrici vogliono mettere sul tavolo sono i seguenti:
- 16.000 Euro di salario minimo all’anno, con una parzialità del 75% della giornata lavorativa
- 4.000 Euro di compensazione per le giocatrici a tempo parziale inferiore al 75%
- Contratti in vigore dal 1 luglio al 30 giugno
- 35 ore settimanali di lavoro in media per semestre
- 30 giorni di ferie
- Copertura assicurativa in caso di morte o invalidità permanente
- 100% del salario in caso di incapacità temporanea (gli infortuni)
- Riconoscimento di anzianità nel salario del 5% ogni due anni
- Protocollo per le giocatrici incinta, per la maternità, l’allattamento e per la prevenzione delle molestie sul posto di lavoro
Bisogna ricordare che nel calcio femminile spagnolo, nonostante i progressi degli ultimi anni, non c’è ancora il professionismo e solo dalla stagione 2016–17 le calciatrici godono della previdenza sociale, pagando i contributi pensionistici, protette dallo Statuto dei Lavoratori.
Mediaticamente il loro sciopero è passato sotto traccia, sono stati pochissimi i colleghi maschi ad appoggiare questa scelta, fra i più in vista il francese Antoine Griezmann, Lucas Perez, Borja Iglesias ed ex come Xavi Hernandez.
In Spagna come qui da noi, dopo il Mondiale, è cresciuta la consapevolezza nel valore aggiunto del movimento, sono aumentate le iscrizioni nelle squadre delle piccole calciatrici, è messo alle corde il dilettantismo in cui sono marginate ampie fette di sport femminile (in Italia a nessuna disciplina sportiva femminile è riconosciuto il professionismo, così vuole la Legge n.91 del 23 marzo 1981). Possibile si batte da anni per la modifica di questa legge, in materia di promozione della parità tra i sessi nello sport professionistico, per la parità salariale fra lavoratori e lavoratrici. Il Gender Pay Gap, la Tampon Tax sono stati alcuni dei temi che abbiamo cercato di mettere al centro del dibattito politico, riuscendoci solo in parte, ma bisogna insistere, dobbiamo farci trovare pronti per quando arriverà il momento favorevole, anche se più che aspettarlo stiamo provando ad anticiparlo.
Stefano Artusi[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]