Poniamo che questo papà e questa bambina vogliano venire in Italia. Lo devono fare con mezzi di fortuna, affidandosi a criminali, sottoponendosi a ricatti inaccettabili, pagando cifre esorbitanti, evitando polizie che possono anche essere poco corrette e leali (quando non letteralmente violente), affrontando mare e muri, pernottando all’aperto e spostandosi di notte, nell’ombra.
Lo devono fare subendo violenze fisiche e psicologiche quotidiane e rischiando quotidianamente la morte.
Lo devono fare vedendo morire i propri compagni di viaggio al loro fianco, col costante timore di essere i prossimi.
Questo è il mondo in cui viviamo. E scusate, ma noi non ci stiamo.
Non solo rimaniamo umani, ma pretendiamo da noi stessi e dalla comunità internazionale che il volto di quella bambina (che non è nascosto, nella foto, come si fa con le bambine occidentali) possa tornare a brillare luminoso, che possa andare a scuola, conoscere i nostri figli e decidere che cosa fare: se vivere con noi o se ricostruire, insieme a noi e al resto della comunità internazionale, il suo paese.