[vc_row][vc_column][vc_column_text]Non ha profili social, mai una parola fuori posto, servitrice dello Stato e conoscitrice della materia. Luciana Lamorgese, nuova ministra dell’Interno, è stata dipinta come la controparte perfetta a Matteo Salvini. Nella testa di chi l’ha individuata come la più idonea deve essere balenato un pensiero: sostituire il ministro dell’Interno più politico e appariscente che si ricordi con il suo opposto. Non solo riservata, ma anche non-politica, nel senso di tecnica.
Luciana Lamorgese vanta un curriculum di livello: già Soggetto Attuatore per l’espletamento di tutte le attività necessarie per l’individuazione, l’allestimento o la realizzazione e la gestione delle strutture di accoglienza nella Regione Veneto, poi capo di gabinetto del ministro Alfano e, quindi, prefetto di Milano, ruolo nel quale — durante la gestione Minniti — ha promosso un protocollo per l’accoglienza tra i comuni dell’area milanese, salutato positivamente da molti.
Nel suo ruolo di prefetto fece notizia la decisione di annullare alcune ordinanze emesse da sindaci del milanese, studiate per — nei fatti — impedire l’arrivo nei rispettivi comuni di richiedenti asilo e rifugiati. Secondo Lamorgese non sussistevano i presupposti di «urgenza» e «pericolo irreparabile» tali da giustificare l’iniziativa dei sindaci. E, allo stesso tempo, è tutto da dimostrare «che l’accoglienza dei migranti metta in pericolo la sicurezza e la salute pubblica». L’immigrazione, concludeva, è «una materia di esclusiva competenza statale» nella quale i sindaci non possono intervenire con le loro ordinanze».
Fin qui tutto bene, potremmo dire. Se non fosse che c’è di mezzo la politica e che un ministro, per quanto tecnico, non potrà sottrarsi, proprio perché la materia è «di esclusiva competenza statale». Se sarà cambio di rotta o meno lo verificheremo quando sarà il tempo delle decisioni che contano. E se diamo per scontato che la nuova ministra non terrà più le persone a friggere in mare, che non insulterà cittadine e cittadini più o meno famosi, che non invocherà pieni poteri o sfiderà la Magistratura durante una diretta Facebook, è molto meno scontata la sostanziale cancellazione dei decreti sicurezza, per capirci. Ong e Sprar sono due sigle delle quali bisognerà tornare a occuparsi se vogliamo riaffermare un criterio minimo di convivenza. Senza dimenticare le due bestie nere di qualsiasi governo, e cioè la riforma della cittadinanza e la riforma della Bossi-Fini.
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