Otto mesi fa “Possibile” ci aveva ospitati per raccontare Lo strano caso dei magistrati precari. Ci eravamo lasciati nella speranza che il ministro Orlando facesse leggere al presidente del Consiglio la sentenza della Corte di Giustizia europea che ha riconosciuto a Dermod Patrick O’Brien il diritto alla pensione, per evitare che anche i magistrati precari italiani (oltre settemila), inondassero le aule di giustizia di ricorsi. Forse il ministro Orlando ci ha presi alla lettera e ha davvero sussurrato in inglese all’orecchio di Matteo Renzi le parole del discorso del ministro della giustizia inglese: «A flood of new claims would not be in anyone’s interests» (un’alluvione di nuovi ricorsi giudiziari non sarebbe nell’interesse di nessuno). A voler pensare bene, quindi, causa l’intensità della voce e la lingua straniera, l’avvertimento non è stato comunicato bene o comunque non è stato compreso compiutamente. A voler pensare male, l’avvertimento è stato ignorato perché a chi governa conviene fare cassa immediata a costo di caricare costi più alti sulla cassa di domani, e chi vivrà vedrà. Sta di fatto che l’esecutivo non ha modificato il disegno di legge di riforma della magistratura onoraria depositato in Commissione Giustizia al Senato, dove la maggioranza che lo sostiene, nel frattempo ha dato parere favorevole, salvo prevedere alcuni emendamenti.
La discussione di uno degli emendamenti approvati farebbe gola alla satira politica.
Come avevamo già scritto i magistrati onorari sono magistrati precari a basso onorario (senza assistenza per malattia, tutela previdenziale, maternità, ferie, ecc.). Il disegno di legge, al paradosso, aggiungeva l’assurdo. Infatti prevedeva: «i magistrati onorari possono ricorrere a forme volontarie di contribuzione previdenziale, senza oneri per la finanza pubblica». Avete compreso bene: concedeva espressamente la facoltà di fare ciò che già possono, salvo non avere la capacità economica per farlo.
Per emendare questa previsione, secondo voi, che cosa hanno deciso i parlamentari? Hanno previsto una forma di previdenza con oneri per la finanza pubblica? «No», stan rispondendo anche i muri.
Questo l’emendamento (2.230), presentato dai senatori Caliendo, Cardiello, Falanga, Malan:
«Al comma 16, sopprimere la lettera e)».
Questa la discussione:
«Sull’emendamento 2.230, volto a sopprimere [la norma che] prevede che i magistrati onorari possano ricorrere a forme volontarie di contribuzione previdenziale, senza oneri per la finanza pubblica, interviene il senatore Caliendo (FI-PdL XVII) annunciando voto favorevole, in quanto ritiene vergognoso consentire ai magistrati onorari di avvalersi di una facoltà già prevista per legge ed al contempo prevedere una clausola di invarianza finanziaria che ne vanifica nei fatti qualsiasi portata innovativa. Dopo che anche il senatore Lumia (PD) e la senatrice Mussini (Misto) hanno annunciato voto favorevole ed il rappresentante del Governo ed il relatore si sono rimessi alla Commissione, l’emendamento 2.230 viene posto ai voti ed è approvato».
Avevamo già scritto che il disegno di legge peggiora il servizio della giustizia. Crea un non-luogo, chiamandolo “ufficio del processo”, in cui entrano ed escono tirocinanti e professionisti che “fanno un altro lavoro” e quando possono arrotondano con una sentenza qui e un decreto là – o “si guardano intorno”, come il Ministro Orlando li ha invitati a fare, in quanto d’ora in poi dovranno cercarsi un altro lavoro (il governo concede loro graziosamente il tempo per farlo, dodici anni, con un reddito progressivamente inferiore, dopodiché decadranno dall’incarico e senza buonuscita). Attenzione, rischia di rendere ancora meno efficace anche il contrasto alle mafie e alla corruzione, perché l’impiego intensivo dei magistrati precari finora ha consentito ai magistrati di carriera di occuparsene. Per citare uno dei numerosi appelli rivolti dai capi degli uffici al ministro della giustizia, in occasione di scioperi proclamati dalle sigle della magistratura onoraria, nel 2014 il Procuratore Armando Spataro ha inviato un documento sottoscritto da tutti i PM di Torino, che chiariva: «La delicatezza della funzione e la necessaria preparazione al tipo di attività loro richiesta, non consentirebbero di ipotizzare il ricorso a figure di collaboratori provenienti da un bacino di “cooperatori” estemporanei e non inseriti nel tessuto d’ufficio». Il disegno di legge, inoltre, rimette al ministero della giustizia l’individuazione, con frequenza annuale, dell’importo di cui ogni tribunale e ogni procura della Repubblica possa disporre al fine di liquidare i «compensi» dei magistrati onorari (in base a quali criteri non si sa, si spera non per ostacolare proprio quelle procure che stanno indagando su fatti di mafia e di corruzione).
Come se ciò non bastasse il disegno di legge c.d. di stabilità del 2016 prevede un taglio di spesa dei compensi proprio dei magistrati onorari, “non inferiore” a un importo complessivo, entro i prossimi due anni, di 14 milioni di euro. Il Governo la definisce misura di «efficientamento». Infatti non ha niente a che vedere con l’efficacia. Prevedendo che i processi dureranno ancora di più, per contenere i costi degli indennizzi dovuti — in base alla c.d. Legge Pinto — ai sempre più numerosi cittadini che subiranno processi di durata irragionevole, il governo non solo propone di diminuire l’importo dell’indennizzo, ma rende ancora più difficile l’ammissione della domanda di equa riparazione, condizionandola all’esistenza di una serie di requisiti ulteriori rispetto alla durata del processo.
Il Movimento Sei Luglio, di cui chi scrive fa parte, ha formulato una proposta in linea con quanto proponeva l’attuale ministro della giustizia cinque anni fa. Nel 2010, quando il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, Andrea Orlando, all’epoca presidente del “Forum Giustizia” del PD, diramava un comunicato stampa facendo un appello al governo («prima che cada»), perché affrontasse alcune urgenze, tra cui «la stabilizzazione della magistratura onoraria, che superi la precarietà, e dia regole certe a questo fondamentale pezzo della giustizia». Diventato ministro della giustizia, ai magistrati precari convocati in via Arenula nel 2014, invece, oltre a invitarli a «guardarsi intorno», ha spiegato che la decisione di non stabilizzarli (e renderli ancora più precari esternalizzando l’amministrazione della giustizia), era una «scelta politica».
L’alluvione dei ricorsi giudiziari, dunque, è inevitabile. Il primo è stato già presentato, per gli altri si tratta di giorni. Tra i ricorrenti un magistrato precario da oltre dieci anni, che da due lotta contro il cancro, e non può contare su un centesimo di indennità per malattia.
Il collega Stefano Marretta, in attesa dell’esito dei giudizi, propone di lanciare con il Movimento Sei Luglio la campagna degli “esodati della giustizia”, offrendosi di fornire assistenza per la formulazione del curriculum.