“La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico. Diversamente, anche le migliori iniziative ecologiste possono finire rinchiuse nella stessa logica globalizzata. Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale”.
Lo scrive Papa Francesco nella sua enciclica sulla cura della casa comune, “Laudato sì”. E’ un testo fortissimo, pieno di futuro, di una visione alta ed altra, di cui si è parlato fin troppo poco in un Paese che di ambiente discute solo per la conta dei morti, quando viene giù una montagna o un fiume esce dal suo letto.
Qui il clima è inteso come un bene comune, di tutti e per tutti. Non si limita a raccontare i progetti possibili e le alternative praticabili. Racconta di un modello nuovo, partendo dalla messa in discussione dell’attuale sistema tecnocratico. Lega, indissolubilmente, la cura della casa comune (la terra) con l’accoglienza, la dignità e la tutela dei diritti dei suoi inquilini (noi).
“Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”.
Sottolinea l’importanza della bellezza come molla per far sentire tutti a casa, nei luoghi e negli spazi pubblici dove si gioca la comunità. “Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco”.
Riconosce la forza coinvolgente dell’esempio costruttivo e di un cambiamento che dobbiamo attuare dal basso, senza aspettare inermi che i grandi della terra facciano la loro parte.
“…l’istanza locale può fare la differenza. E’ lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti”.
E’ un testo scritto con una semplicità cristallina, aperto al confronto con tutti, per certi versi laico nella sua radicalità positiva. Una lettura imprescindibile per chi si occupa di ambiente, e di uguaglianza. Uno scritto che molti citeranno, spesso a sproposito, nei mesi a venire in cui saremo sommersi dalla retorica del fare, anche nel campo ambientale. Si parla di un greenact in arrivo, in vista della conferenza internazionale sul clima di dicembre a Parigi.
Ma in questi mesi di nuovi inceneritori e trivellazioni, di soprintendenze declassificate e grandi opere confermate, l’ambiente è la vittima di un killer chiamato “Sblocca Italia”. E il mandante, poco credibile in materia è, in tutta evidenza, questo Governo nero come il petrolio.