Michele Serra si affida alla teoria del “meno peggio” per spiegare perché non gli piace tanto questo governo, ma ancora meno gli piace l’opposizione: e quindi — non si sa se di tanto o di poco — è meglio il governo.
La discussione ci accompagna da tempo — potremmo dire da sempre — e si pone in ogni occasione: governare con Alfano, aiutati da Verdini, è “meno peggio” che non governare. Le larghe intese, diventate lunghissime, sono il “meno peggio” rispetto alle elezioni.
Secondo Silvia Ballestra la “meno peggio” theory è diventata come l’ideologia gender (che è inventata di sana pianta dal fronte che le si oppone): “Ancora gira ‘sta storia del meno peggio? Sta diventando come il gender ormai!”.
Ciò che vorrei dire a Michele Serra è solo una cosa: non sono per mia natura menopeggista e penso che il menopeggio sia un concetto molto scivoloso in ogni campo e soprattutto in politica.
Di una cosa però sono ancora più sicuro: che sulla riforma costituzionale non possa esistere né venire applicato l’argomento del meno peggio.
Perché il testo della Costituzione non va peggiorato né tanto, né poco. Perché il testo proposto non ha alcuna analogia con il lavoro dei Costituenti, con le modalità di allora e con il compromesso che si cercò alto e condiviso (e infatti lo fu molto più di questo accordo che nasce al Nazareno, insieme alla legge elettorale, un altro capolavoro che molti ora vorrebbero cambiare, senza averla mai nemmeno ‘usata’).
In questa discussione c’è piuttosto un bene, da tutelare e migliorare, con soluzioni più condivise, più rappresentative, più puntuali e più in linea con quei punti della sua prima parte che invitano a valorizzare la sovranità del popolo, non le scelte dei politici che si votano tra di loro, sulla base delle indicazioni di un capo.
Quindi non è di meno peggio che si tratta ma di molto peggio: molto peggio del testo attuale perché sottrae rappresentanza e partecipazione e complica molto il sistema che rimane bicamerale (in un bicameralismo non più perfetto e sicuramente confuso).
Da ultimo, e per tornare al meno peggio faccio notare che il meno peggio, solitamente, tende a peggiorare, volgendo al peggio. Ci si abitua al meno peggio, infatti. E ci si abbandona a qualcosa che ci piace sempre meno. Fino a non piacerci più.