Per i dipendenti della GKN la legge e i Sindacati si sono fatti sentire.
Allo stato attuale 422 lavoratori “licenziati” via mail possono tirare un sospiro di sollievo, vista la condanna alla revoca della lettera d’apertura della procedura di licenziamento collettivo.
Il tribunale ha riconosciuto il comportamento antisindacale della ditta, che è consistito nella violazione degli obblighi di informazione sindacale a suo carico, avendo “impedito al sindacato di interloquire, come sarebbe stato suo diritto, nella delicata fase di formazione della decisione di procedere alla cessazione totale dell’attività d’impresa”, rispettando così gli obblighi di informazione previsti dagli art. 9 e 10 del CCNL applicato.
Il giudice non poteva contestare la messa in liquidazione dell’azienda, ma ha imposto di rispettare le norme e l’iter del licenziamento collettivo, impedendo così la delegittimazione del Sindacato ed il tentativo dell’apertura delle procedure di licenziamento collettivo in totale autonomia.
Resta da capire come il decisore politico può intervenire per disincentivare le delocalizzazioni senza incappare in una violazione delle norme europee. Già nel 2016 il MISE aveva emesso una direttiva (poi rivista ma confermata nella sostanza con il Decreto Dignità) sulla restituzione dei contributi in conto capitale erogati alle imprese in caso di spostamento della produzione in uno Stato non Ue. Una misura che evidentemente non ha spaventato il fondo proprietario di GKN. Il governo ha allo studio un decreto che dovrebbe contenere un insieme di norme per regolamentare le delocalizzazioni, senza tuttavia ostacolarle più di tanto. Il decreto dovrebbe contenere tre misure cardine:
- il diritto di allerta di sei mesi per i lavoratori;
- l’obbligo per l’azienda di presentare un piano di mitigazione delle ricadute occupazionali e un eventuale progetto di riconversione del sito;
- una serie di sanzioni e la formazione di una black list che impedisce l’accesso a incentivi statali per le imprese che non rispettano queste regole.
Sebbene il cammino di questo decreto pare ancora troppo acerbo, si può già dire che il suo contenuto non sembra tale da porre un severo disincentivo ai trasferimenti delle aziende all’estero.
È altresì evidente come sia necessario agire a livello europeo per esaurire quelle forme di competizione fiscale e contributiva che hanno favorito la migrazione verso in particolare l’est europeo di molte aziende manifatturiere.
Sempre al fianco dei lavoratori e lavoratrici GKN #insorgiamo