Son tutte belle le mamme del mondo?

Correva l’anno 1954, l’anno in cui la Rai Tv iniziava le trasmissioni, Trieste tornava italiana, la Repubblica Federale Tedesca entrava nella NATO, l’anno in cui il festival di Sanremo lanciava la celeberrima “son tutte belle le mamme del mondo”.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1494256432247{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Cor­re­va l’anno 1954, l’anno in cui la Rai Tv ini­zia­va le tra­smis­sio­ni, Trie­ste tor­na­va ita­lia­na, la Repub­bli­ca Fede­ra­le Tede­sca entra­va nel­la NATO, si affac­cia­va nel­la men­te di alcu­ni pio­nie­ri del pro­gres­so l’idea dell’autostrada del sole (la posa del­la pri­ma pie­tra sarà poi del 1956), l’anno in cui il festi­val di San­re­mo lan­cia­va la cele­ber­ri­ma “son tut­te bel­le le mam­me del mondo”.

Mam­me! Mam­me! Mam­me! Quan­te pene l’a­mor vi da.

Ieri, oggi, sem­pre, per voi mam­me non c’è pietà.

Ogni vostro bam­bi­no, quan­do un uomo sarà,

ver­so il pro­prio desti­no, sen­za voi se ne andrà!

Son tut­te bel­le le mam­me del mondo

quan­do un bam­bi­no si strin­go­no al cuor.

Son le bel­lez­ze di un bene profondo

fat­to di sogni, rinun­ce ed amor.

Sono pas­sa­ti più di ses­san­ta anni. Il mon­do è cam­bia­to ad una velo­ci­tà sco­no­sciu­ta fino ad allo­ra. A nes­su­no sal­te­reb­be in men­te di scri­ve­re una can­zo­ne del gene­re, che par­la di don­ne che pos­so­no espri­me­re al mas­si­mo il pro­prio poten­zia­le solo attra­ver­so la mater­ni­tà, di mam­me vota­te al sacri­fi­cio e svuo­ta­te di sen­so quan­do la loro fun­zio­ne ripro­dut­ti­va ed edu­ca­ti­va per­de di signi­fi­ca­to, di uomi­ni che pos­so­no con­qui­sta­re il mon­do gra­zie ai loro ange­li del foco­la­re, sospe­si a metà tra una san­ta mar­ti­re imma­co­la­ta e Cenerentola.

Beh, ma per for­tu­na… E’ acqua pas­sa­ta! O no? No.

Per­ché oggi, 2017, anco­ra qual­cu­no iden­ti­fi­ca lo zero intel­let­tua­le con la “casa­lin­ga di Voghe­ra” o con la “signo­ra Maria” (se rie­sci a far­ti capi­re da loro, hai vin­to!), anco­ra ci si stu­pi­sce del­le “pre­te­se” di pari­tà sala­ria­le, anco­ra qual­cu­no par­la di dirit­ti e di cura, legan­do­li all’emancipazione del­la don­na e non alla riso­lu­zio­ne di un pro­ble­ma strut­tu­ra­le del­la socie­tà tutta.

Come se un padre fos­se un geni­to­re (o un figlio) di serie B, come se una donna/madre/lavoratrice fos­se un sog­get­to sot­to tute­la, al pari di un mino­re o di un sog­get­to svan­tag­gia­to, che biso­gna soste­ne­re per­ché intrin­se­ca­men­te sovrac­ca­ri­ca (sen­za pen­sa­re alla fon­te e alle respon­sa­bi­li­tà di quel sovrac­ca­ri­co, tut­te fat­te di inci­vil­tà e di vuo­ti sociali).

Le vora­gi­ni cul­tu­ra­li attor­no alle don­ne in que­sto Pae­se arri­va­no ormai a deri­ve ver­go­gno­se (come quel­lo di un abu­so ses­sua­le vero che diven­ta “solo uno scher­zo”, in tv) e a deri­ve tra­gi­che, come quel­le del bul­li­smo machi­sta e del fem­mi­ni­ci­dio, real­tà ormai “strut­tu­ra­li” per nume­ri e frequenza.

E in que­sto con­te­sto sba­glia­re i ter­mi­ni chia­ve è un gra­ve erro­re, anche se poi ci si difen­de spie­gan­do che si par­la di spin­te idea­li, sul­la car­ta condivisibili.

Usa­re il ter­mi­ne “mam­me” inve­ce di “don­ne”, come ha fat­to un Ren­zi in gran­de spol­ve­ro, che si è but­ta­to alle spal­le tut­ti i fal­li­men­ti sen­za pas­sa­re nem­me­no un istan­te da una vera auto­cri­ti­ca, è un erro­re mol­to serio e pre­oc­cu­pan­te. Per­ché sba­glia­re l’obiettivo è pre­re­qui­si­to cer­to per costrui­re stra­te­gie fal­li­men­ta­ri. Per­ché non solo non sia­mo negli anni ’50 del seco­lo scor­so, ma incom­bo­no gli anni ’50 di que­sto, e sem­bria­mo aver rinun­cia­to del tut­to ad arri­var­ci pre­pa­ra­ti, tan­to per i dirit­ti, come per i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci, quan­to per un’idea di futu­ro che si sgan­ci dall’autostrada del sole e veleg­gi velo­ce (a moto­re spen­to, tipo cata­ma­ra­no dell’American’s cup) ver­so mete ampia­men­te più ambiziose.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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