Lunedì prossimo partirà una missione italiana in Cina che vedrà il ministro dell’Economia Giovanni Tria affiancato da una task force comprendente esponenti di Bankitalia, Cassa Depositi e Prestiti, Fincantieri e Snam. Scopo della missione? Suscitare l’interesse cinese per i titoli di debito italiano, che al momento sembrano essere scarsamente apprezzati dagli investitori esteri, che li hanno abbandonati per diverse decine di miliardi. Stando ai numeri divulgati dalla BCE, l’entità delle vendite è stata di 34 miliardi a Maggio, 38 a Giugno. Pesano ovviamente le incertezze governative (l’esecutivo giallo-verde spaventa per la sua dissennatezza soprattutto sulle materie economiche, ça va sans dire). Il quadretto infelice è completato dal fatto che, quando si deve salvare l’onore italico, balzano sul mercato finanziario come un sol uomo le già scombiccherate banche italiane facendo incetta di BTP in portafoglio. Come se non ne avessero abbastanza.
La delegazione avrà così l’ingrato compito di convincere gli investitori del Gigante Rosso che in fin dei conti il nostro paese non è così spacciato. Che si possono fare ancora grandi affari, qui da noi. Certamente il tentativo è quello di stabilire una contropartita. A noi fateci aumentare l’export, a voialtri permetteremo investimenti strategici in infrastrutture, energia e trasporti.
Eureka! I trasporti! Il nostro paese in fin dei conti altro non è se non l’inizio della molto celebrata “nuova Via della Seta” (One Belt, one Road), la cui porta per antonomasia è il porto di Trieste. E badate bene, in questo caso il porto è apertissimo.
Ovviamente nulla di male, sia chiaro.
Ma non trovate un po’ curioso che sia proprio il governo più sovranista della storia recente a correre a prostrarsi dinanzi al Capitale Straniero per scongiurare quell’attacco ai Titoli di Stato di cui esso stesso — quasi ontologicamente, per il solo fatto di procedere in maniera così scriteriata — è artefice?
Che siano quelli del “padroni a casa nostra” ad andare col cappello in mano lunedì in Cina, e prima ancora da Trump e da Putin?
Che siano quelli del “chiudiamo i porti” a dire “vendiamo i porti”?
Quali argomenti impiegherà Tria per spiegare allo scettico governo cinese — che notoriamente preferisce i paesi orientati al libero mercato rispetto a quelli sovranisti e delle barriere doganali — per convincerlo in ciò che i passati governi hanno già tentato di fare? Solo un anno fa, nella medesima posizione, era il presidente Gentiloni a dichiarare: “L’Italia può essere protagonista in questa grande operazione a cui la Cina tiene molto” (ANSA del 14 Maggio 2017). In un certo qual senso, è pur sempre il governo del cambianiente.
E viene da pensare che dietro al grande sbandieramento di slogan, ci sia ben poco, e che alla faccia del piano A e del piano B, il sovranissimo governo Lega‑5 Stelle non abbia alcun piano, per la nostra economia. Non ce ne vogliano per la metafora nautica, che di questi tempi è un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato, ma viene il sospetto che il Capitano e la sua ciurma giallo-verde navighino un po’ a vista.
E non si vede il sereno, all’orizzonte.
Franz Foti
Davide Serafin