Spingitori di Primarie: Senigallia

isarenas_2Una vol­ta, ti dice un signo­re duran­te una con­ven­zio­ne di cir­co­lo, poche set­ti­ma­ne fa, il par­ti­to anda­va di casa in casa, suo­na­va i cam­pa­nel­li, ti dava il volan­ti­no. Una vol­ta, il par­ti­to lo cono­sce­vi di per­so­na, sape­vi che vol­to ave­va. Il par­ti­to ti strin­ge­va la mano, ti chia­ma­va per nome, cono­sce­va i tuoi pro­ble­mi. Sape­va che al nume­ro civi­co 15 c’eri tu e che te la pas­sa­vi male o bene e in ogni caso non eri sem­pli­ce­men­te un nume­ro ma una per­so­na. Que­sta espe­rien­za non è fini­ta poi­ché il con­tat­to uma­no è fon­da­men­ta­le, in poli­ti­ca come altrove.

È per tale ragio­ne che, in que­sti gior­ni, i volon­ta­ri del­la mozio­ne Civa­ti sono sce­si in stra­da ed han­no riper­cor­so a pie­di quel­le vie che sono soli­ti cor­re­re gior­nal­men­te. Facen­do il Por­ta a Por­ta ti capi­ta di nota­re par­ti­co­la­ri ina­spet­ta­ti. Di cono­sce­re una cit­tà che non ti sem­bra esse­re. Sei lì, fra la gen­te del tuo quartiere.

Saba­to scor­so alcu­ni di noi era­no in giro per Seni­gal­lia, sin dal­le nove del mat­ti­no. L’esperienza del Por­ta a Por­ta può inti­mo­ri­re. Cosa suc­ce­de di fron­te ad un no? Dinan­zi ai pri­mi dinie­ghi da par­te di per­so­ne che non ne voglio­no sape­re di Par­ti­to Demo­cra­ti­co e di pri­ma­rie, a Seni­gal­lia han­no pen­sa­to di non mol­la­re. Cono­sce Civa­ti? Quan­do arri­va il sì, si instau­ra il pri­mo con­tat­to, sei riscal­da­to improv­vi­sa­men­te da una bel­la sen­sa­zio­ne. Per­ché sostie­ni lui e non Ren­zi? Le rispo­ste son tut­te lì, le sai per­ché sono tue, per­ché sono le rispo­ste che hai da dare alla tua comu­ni­tà, per­ché in fin dei con­ti è que­sta la poli­ti­ca che conta.

http://www.youtube.com/watch?v=JpY3mfCuCNE

Hai pochi minu­ti per par­la­re. Entri in uno scam­po­lo di vita quo­ti­dia­na, fat­ta di com­mis­sio­ni da sbri­ga­re, di pran­zi da pre­pa­ra­re, di spe­se da riti­ra­re e da por­ta­re su per le sca­le, che nel con­do­mi­nio non han mes­so l’ascensore. Alcu­ni ti dico­no che non ne pos­so­no più, che non arri­va­no a fine mese e que­sta poli­ti­ca, la stra­ma­le­det­ta poli­ti­ca che sem­bra anda­re avan­ti da sé stes­sa, pro­prio non la sop­por­ta­no più. E’ vero, dici affran­to. E sen­ti un po’ di con­di­vi­der­la, que­sta cri­ti­ca. E’ per que­sto che sia­mo qui, hai detto.

Poi c’è que­sta cop­pia, devo­no usci­re. Gli dici, solo due minu­ti. Lei è civa­tia­na, lo sai per­ché te l’ha det­to ma il mari­to è ren­zia­no. Dice che vota Ren­zi per­ché que­sta vol­ta le ele­zio­ni le dob­bia­mo vin­ce­re. Tu cer­chi di con­vin­cer­lo, sor­ri­di ma non c’è nein­te da fare. La moglie ti con­so­la. Abbia­mo due figli, ti spie­ga. Loro vote­ran­no Civati.
isarenasSe inve­ce fos­si sta­to ad Quar­tu Sant’Elena, vener­dì 29 Novem­bre, avre­sti per­cor­so — gam­be in spal­la — tut­ta Is Are­nas, il quar­tie­re del­lo scan­da­lo del Caglia­ri Cal­cio e del suo pre­si­den­te. Là avre­sti incon­tra­to un signo­re e sua figlia, lui inde­ci­so, lei civa­tia­na. E curio­sa­men­te non sare­sti sta­to tu a con­vin­ce­re il padre, non sare­sti sta­to tu a strap­par­gli il sì, andrò a votar­lo, ma pro­prio quel­la ragaz­za che cono­sce Civa­ti e con­di­vi­de le tue mede­si­me opi­nio­ni. Così ti attac­chi al tele­fo­no, chia­mi tut­ti quel­li che cono­sci e che pos­so­no esse­re inte­res­sa­ti. E’ fat­to così, il Por­ta a Por­ta. Chia­mi e dici: l’8 Dicem­bre, civo­ti? Due signo­ri set­tan­ten­ni ti spie­ga­no che Is Are­nas un tem­po era una zona ros­sa, che ha sem­pre soste­nu­to le nostre ammi­ni­stra­zio­ni e che poi è sta­ta dimen­ti­ca­ta dal Pd. Il Pd se ne è anda­to e tu lo ripor­ti a casa, in un cer­to qual sen­so. Un lavo­ro non da poco.

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Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

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La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.