E sembra la stessa strada, la stessa scena, ma sei a Vicenza. Suoni il campanello. Come forse saprà, dici, l’8 dicembre ci saranno le primarie del Pd. La voce ti risponde: sarei impegnata adesso. Sarà la quinta casa in cui si ripete la stessa cosa. Senti gli altri gruppi. A loro sta andando alla grande. Hanno convinto due persone, dicono entusiasti. Hanno parlato con altre quattro. Si sono intrattenuti con un renziano duro e puro per venti minuti: non l’hanno convinto, ma sono comunque più che entusiasti.
Ritorni al tuo compito. Un altro cordialmente ti dice che ormai non ne può più. La politica, questa politica. Non è rimasta che l’astensione. Sai che i minuti scorrono come un rasoio. Basta credere davvero per cambiare le cose, spieghi.
Porta dopo porta, ti immergi nella storia di una o più vite. Persone che improvvisamente si trovano a che fare con la passione dei volontari. Quando finalmente una di esse si apre, ti lasciano due minuti. In due minuti come raccontare la storia di questa mozione, di questo tentativo? Giuseppe Civati ti ha convinto, ti ha riportato alla politica, hai detto. Non c’erano più parole, dopo Aprile, dopo i 101. Poi le hai ritrovate. E sono parole nuove, parole che aprono queste porte e permettono alle esperienze di fondersi. Ci sono solo due persone, uno di fronte all’altro. Tu e il tuo interlocutore.
“Astensionismo, antipolitica, insulti e rabbia. Non c’è più nulla di tutto ciò. Solo idee, passione e impegno. E dialogo” (Leonardo).
Era sabato 30 novembre, a Vicenza. Insieme ad altri militanti del PD, favorevoli a Pippo Civati, avete incontrato 45 persone, avete suonato 100 campanelli, avete visitato 30 case; più di una decina di volontari coinvolti. In pochi ti hanno detto chi siete, cosa volete. Alcuni ti hanno offerto un caffè e quando così è stato, hai pensato che il Pd sembra proprio in astinenza da caffeina poiché qui dovrebbe stare, a dialogare di casa in casa, di stanza in stanza.
“Il caffè è un momento fondamentale: è la consacrazione di un dialogo tra pari. Il partito-organizzazione parla direttamente con il cittadino. Il partito-organizzazione che si incarna nel militante, lo responsabilizza, e trova il coraggio di — pensate un po’ — chiedere il permesso di ascoltare e farsi ascoltare” (Lorenzo).
Tutto ciò avviene non in una piazza, non in una sede di partito: ma in un territorio “scomodo”, ovvero le case dei cittadini. Questo gesto, l’ascolto, ti pare chiaro come l’inizio di un’opera di recupero di parte del consenso smarrito. Qual è la forza propulsiva ed eccitante di questa nuova caffeina? La capacità di ascoltare, più che di convincere. Grazie al porta a porta, il PD ha riscoperto la bellezza dell’ascolto. Come se fosse un nuovo senso di calore umano.
Non a caso ti vengono in mente le parole di Fabrizio Barca. La democrazia deliberativa, questa sconosciuta. Lo sperimentalismo democratico permette al partito di avere un maggior numero di strumenti cognitivi, di feedback necessari a proporre un’azione di governo. In questo senso sei stato tu lo strumento. In carne e ossa e voce e idee.
[Liberamente ispirato ai contributi di Leonardo e Lorenzo]