[vc_row][vc_column][vc_column_text]di Walter Girardi
In questi mesi di quarantena per il Covid19 si fa un gran parlare, molte volte a vanvera, delle possibili origini di questa pandemia e su come prepararci per il domani.
In questi mesi di quarantena per il Covid19 si fa un gran parlare, molte volte a vanvera, delle possibili origini di questa pandemia e su come prepararci per il domani. Purtroppo abbiamo sentito tante inesattezze, per non dire vere e proprie sciocchezze, anche da parecchi esponenti politici italiani.
Il mondo della scienza invece sta da mesi pronunciando parole chiare e incontrovertibili. L’ultimo in ordine di tempo è il rapporto redatto dall’IPBES — Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Piattaforma Intergovernativa di Scienza-Politica sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici).
Il rapporto IPBES ha valutato i cambiamenti avvenuti negli ultimi 50 anni, fornendo un quadro completo delle relazioni che intercorrono tra le vie seguite dallo sviluppo economico e il loro impatto sulla natura: è negli ultimi 50 anni che la velocità dei cambiamenti globali in natura è senza precedenti.
L’origine della recente pandemia, così come la crisi climatica e la perdita di biodiversità, sono la conseguenza diretta dell’attività umana. La lunga lista dei crimini ambientali è sotto gli occhi di tutti e IPBES ci fornisce anche i numeri nudi e crudi di questi crimini:
circa un milione di specie animali e vegetali è minacciato dall’estinzione, le nostre azioni di homo poco sapiens hanno avuto un impatto significativo su più di tre quarti della superficie terrestre, hanno distrutto più dell’85% delle zone umide e hanno dedicato più di un terzo di tutta la terra e quasi il 75% dell’acqua dolce disponibile alla produzione agricola e zootecnica intensiva.
Se a questi aggiungiamo il commercio non autorizzato di animali selvatici, la deforestazione indiscriminata, la desertificazione e il consumo di suolo, l’espansione incontrollata dell’agricoltura soprattutto di quella intensiva, l’estrazione mineraria e lo sviluppo delle infrastrutture, lo sfruttamento delle specie selvatiche, il quadro che ne esce dimostra quanto sia drammatica la situazione presente e soprattutto sarà drammatico il futuro se continueremo a comportarci come se gli autori di questi crimini non fossimo noi.
Il criterio dell’impronta ecologica — quello che per intenderci ci permette di calcolare l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui la popolazione mondiale esaurisce ufficialmente tutte le risorse terrestri (cibo, acqua, legno…) iniziando così a sovrasfruttare il pianeta sottraendo risorse alle generazioni future — ci dice che i solchi delle nostre impronte stanno schiacciando e calpestando il futuro della terra e di chi verrà dopo di noi.
La relazione dell’IPBES conferma che le malattie come il COVID-19 sono causate da microorganismi che colpiscono i nostri corpi. Molte delle malattie emergenti che colpiscono le persone provengono da animali selvatici poiché la cancellazione e sottrazione degli habitat naturali dove sia uomini che animali “convivono” comporta delle migrazioni o nuove co-abitazioni in moltissimi casi conflittuali.
È del tutto evidente che se vogliamo impedire che anche in futuro si ripresentino nuove pandemie dobbiamo invertire la rotta rispetto ai “tanti crimini ambientali” commessi nel corso degli ultimi 50 anni.
Sono tante le voci della comunità scientifica e anche della politica internazionale che stanno chiedendo questo cambio di rotta. Possibile non è rimasto silente e, nelle scorse settimane, ha pubblicato il documento “Fase 3 — Riapriamo la Politica”.
IPBES, nel suo report, suggerisce tre linee d’azioni in altrettanti settori. Il primo settore è quello relativo alla legislazione ambientale che deve essere rafforzata e ampliata. In Italia ad esempio manca ancora una normativa per fermare il consumo di suolo e soprattutto deve essere correttamente applicata e rispettata.
Il secondo settore è quello che mette in discussione la governance e il modello decisionale sui vari livelli, da quello mondiale a quello locale. Se non si riconoscono le connessioni esistenti tra la salute delle persone, degli animali e il rispetto degli ambienti naturali corriamo il serio rischio di incappare in nuove pandemie sempre più pericolose per l’uomo. Vanno ripensate completamente alcune politiche dove le scelte e i proventi finiscono direttamente nelle mani dei privati calpestando i diritti delle popolazioni locali. La devastazione ambientale in corso nella Foresta Amazzonica ne è un grande esempio in negativo.
Il terzo settore, non meno importante, purtroppo lo abbiamo visto e lo stiamo vedendo anche in Italia e riguarda il settore sanitario. Dobbiamo assicurare al sistema sanitario pubblico e nazionale i fondi e le risorse necessarie incentivando anche a livello internazionale la collaborazione tra Stati affinché nelle zone ritenute ad alto rischio potenziale di focolaio sia la comunità internazionale, in collaborazione con le popolazioni locali, ad attivarsi subito per proteggere la salute delle persone più povere e vulnerabili.
Purtroppo la grande assente su questi temi è la politica, troppo presa a sostenere e rilanciare gli stessi interessi economici che hanno creato il sistema ingiusto e sbagliato che ci ha portato al collasso climatico, sociale e ambientale.
Noi, non ci fermeremo, non abbiamo la benché minima intenzione di rinunciare ad immaginare e costruire un futuro decisamente migliore. Come ha scritto Greta Thunberg nel maggio del 2018 «Noi, invece, possiamo ancora evitare la collisione. Sappiamo che c’è un iceberg. Ne conosciamo perfino le coordinate esatte. Ma non stiamo né rallentando, né cambiando rotta. E ci complimentiamo con noi stessi perché forse riusciremo a gettare della zavorra in mare e alleggerirci. E, nel frattempo, continuiamo ad accelerare».[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]