[vc_row][vc_column][vc_column_text]Finalmente si torna a parlare di limitare l’uso del contante nei pagamenti in Italia, paese in cui l’evasione fiscale è endemica, quasi irrisolvibile. Ricordiamoci che il gettito perso per la sola evasione al dettaglio e nei consumi intermedi è stimato in circa 25 miliardi di euro ogni anno.
Nel 2016, con la Legge di Stabilità, il limite ai pagamenti in contanti veniva fissato a 3mila euro, ben più della soglia precedente, che era pari a mille euro. L’esito di questa decisione è stato un aumento dei pagamenti in contanti che, stando alle rilevazioni della Bce raccolte nel rapporto Study on the use of cash by households del novembre 2017 – con dati aggiornati al 2016, sono passati da quota 83% del 2012 all’85,9%. Tutto ciò succede mentre nel mondo i pagamenti elettronici sono la regola e si stanno diffondendo i pagamenti digitali effettuati tramite i device telefonici, mediante le applicazioni. Come già altrimenti scritto, sul telefonino nei prossimi 10 anni transiterà almeno il 20% di tutti i pagamenti effettuati nel nostro paese. Questo fenomeno emergente dovrebbe suggerire l’urgenza di agire sulla cybersecurity, sia nelle transazioni effettive di denaro digitale, sia nella gestione dei dati, a tutti i livelli: persone fisiche, professionisti, imprese. Per assicurare la piena tracciabilità serve una infrastruttura sicura, se vogliamo davvero agire sulle transazioni intermedie e strozzare le fonti di approvvigionamento delle attività criminali nonché dell’economia sommersa in senso più ampio.
Per ora il dibattito si è concentrato fra due diverse proposte espresse da Confindustria. Da un lato c’è chi preferisce penalizzare l’uso del contante, a partire dal suo prelievo presso gli ATM o agli sportelli, apportando un incremento ai costi delle commissioni. I critici di questa misura dicono che così si fa un favore alle banche. Questa misura non può pertanto essere sufficiente, se isolata. Deve cioè essere affiancata dalla totale esenzione dalle commissioni nei pagamenti con carta e nei pagamenti digitali almeno sino alla cifra di 50 euro. Quindi, da un lato le banche incrementano gli introiti delle commissioni, dall’altro le perdono.
C’è chi invece vorrebbe introdurre un incentivo ai pagamenti digitali espresso in un credito fiscale pari al 2%, tuttavia la proposta ha dei risvolti un po’ inquietanti, in quanto non sono chiare le ricadute nei termini di raccolta dati sulle transazioni medesime e sulla privacy del contribuente. Di fatto sarebbe l’estensione del sistema della tessera sanitaria, già in essere per le detrazioni fiscali attribuite alle spese sanitarie e per farmaci, ma lo Stato sarebbe così in grado di tracciare tutte le scelte di spesa dell’individuo.
Entrambe le misure vanno nella direzione corretta, ma a nostro modo di vedere è necessario anche abbassare il limite alla transazione in contanti a 500 euro.
Nessuno sinora ha avanzato ipotesi su come intervenire per ridurre i costi dei POS a carico degli esercenti, i quali devono sobbarcarsi il costo di installazione (è un costo una tantum, l’acquisto dell’hardware e la spesa per l’installazione a domicilio), pari a circa 80 euro; il canone mensile (una somma fissa che oscilla fra 10 e 24 euro al mese, per una media di 16 euro) pagata dall’esercente per il comodato d’uso del POS; la commissione aggiuntiva per bancomat (in media circa 24 centesimi che alcuni istituti bancari fanno pagare per ciascuna transazione bancomat effettuata); infine, le già citate commissioni percentuali che l’esercente deve pagare sul valore della transazione. Sono state fissate dal Regolamento UE n.751/2015 (artt. 3 e 4) nella misura dello 0,2% in caso di transazione bancomat; dello 0,3%, in caso di transazione con carta di credito.
Come detto in precedenza, le commissioni possono essere ridotte drasticamente o azzerate in virtù di quanto disposto dallo stesso regolamento (artt. 3 e 4).
Dal lato dei costi di acquisto e installazione, sul mercato sono già presenti offerte con forti riduzioni di costo e senza canone e commissioni aggiuntive: si tratta di lettori di bande magnetiche e di software capaci di trasformare i dati identificativi della carta di credito in segnale audio. I terminali Mobile Pos, che impiegano applicazioni su smartphone rappresentano già oggi soluzioni alternative al Pos tradizionale.
L’obiettivo del decisore politico deve essere quello di stabilire un requisito di minima per l’erogazione del servizio, che dovrebbe perciò essere limitato alla vendita da parte dell’istituto di Credito dell’hardware e del servizio di installazione. Qualsiasi altra offerta che preveda il pagamento di canoni o di commissioni aggiuntive, dovrà essere contrattualmente giustificata da un servizio corrispettivo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]