[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1507969173119{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Da giorni commentatori e addetti ai lavori si interrogano sui motivi che hanno spinto Matteo Renzi a spingere per una legge elettorale che penalizza il suo stesso partito. Con il Rosatellum bis, in un colpo solo si resuscita il centrodestra, consegnandogli la prospettiva del risultato di gran lunga migliore, si rafforza la Lega all’interno di quella coalizione e si condanna il Pd ad arrivare quasi sicuramente terzo, penalizzato sia al nord che al sud e molto ridimensionato rispetto ai numeri che ha attualmente in Parlamento.
La prospettiva di un governo Pd-Forza Italia non basta a spiegare questa mossa, perché i democratici più il solito Alfano e qualsiasi stampella approntabile, sommati ai berluscones che dovrebbero rompere con la Lega il giorno dopo il voto, non basterebbero ad avere la maggioranza nel prossimo Parlamento, problema che si sarebbe posto identico anche con Consultellum e Rosatellum prima versione. La soluzione è difficile solo per chi conserva delle remore anche solo a pensare a certe ipotesi, ma per chi ha come scopo quello di continuare a stare al governo non importa a quale costo, in realtà è molto semplice (e non a caso ne scrive proprio oggi La Stampa): basta includere la Lega nella maggioranza.
Fantascienza? Vedremo. La mossa, vista dal lato di Renzi, è un classico da manuale della vecchia politica: mozzarsi una mano — ovvero eleggere meno deputati, liberandosi però così di quelli a lui meno fedeli, una mano che diciamo così gli dava qualche prurito — per tenersi tutto il resto, ovvero il Governo del Paese. Niente più sinistra rompicoglioni dentro al Pd, con la prospettiva di averne poca anche fuori dal Pd, perché tra le altre cose la legge dimezzerebbe il risultato potenziale della lista alla sua sinistra. Qualcuno può forse sostenere senza scoppiare a ridere che Renzi preferisce trattare con la sinistra che con la destra? Ecco.
Se invece per qualcuno il problema è riuscire a visualizzare una maggioranza così composta, ci ripensi: chi avrebbe mai scommesso, nel 2013, che il Pd avrebbe trovato in Alfano un alleato strutturale, e che una volta al governo avrebbe abolito l’articolo 18, liberalizzato le trivellazioni, evocato il ponte di Messina, varato leggi razziali contro gli stranieri, stretto patti con gli aguzzini libici per fermare gli sbarchi? Eppure tutto questo è effettivamente successo. Allo stesso modo non va dimenticato che oltre a quella che urla e che fa folklore una Lega di governo esiste da tempo, amministra molte città del nord e le sue due regioni più ricche, peraltro nel consenso dei loro abitanti. Tutto ciò premesso è così improbabile un governo con Minniti presidente del Consiglio, Maroni ministro dell’Interno e Tajani ministro degli Esteri, con i tre leader di partito a dare le carte con le mani libere da responsabilità dirette? No, non lo è.
Certo, non è banale. Quell’elettorato che ancora vota Pd perché lo crede collocato nel centrosinistra che fu farà fatica a crederci finché poi banalmente non si troverà davanti alla realtà dei fatti, e il Pd non farà certo una campagna-verità, anzi chiederà il voto utile per fermare i populisti: del resto girava un meme con Salvini che dice “entro sei mesi sarò io, l’argine contro il populismo”: a quanto pare profetico.
I “populisti”, intanto, grideranno al colpo di mano e purtroppo lo faranno con ragione, e per questo prenderanno il voto di molti elettori assolutamente schifati ed esasperati che normalmente non li avrebbero considerati. Altro capolavoro.
Infine, nel 2018 scadranno le ultime amministrazioni elette con lo schema precedente, quello limpidamente ulivista, insomma con il centrosinistra classico. Non poche si sono nel frattempo adeguate ai tempi, cambiando maggioranze e allargandosi nella stessa direzione in cui l’ha fatto il Pd nel governo nazionale: a destra. Come faranno, quelle che hanno resistito al trend, a ripresentarsi per un secondo mandato senza tenere presente l’ulteriore cambiamento nello schema generale? Come farà, chi oggi sui territori amministra da dentro il Pd attuando quelle che dopotutto sono ancora buone pratiche sull’accoglienza, i diritti, i servizi pubblici, sforzandosi il più possibile di ignorare ciò che è avvenuto nel proprio partito al Governo del Paese in questi anni? Difficile dirlo, la storia recente insegna che si può arrivare a ignorare contraddizioni molto grandi, oppure ci si può adeguare fingendo che in fondo sia tutto normale.
Noi abbiamo scelto di non adeguarci, lo abbiamo fatto da tempo e certamente alle prossime elezioni staremo da un’altra parte, con una proposta diversa per la Sinistra e per la Repubblica, sperando fino all’ultimo che altri si uniscano per fare la stessa cosa. Senza augurarci che non sia troppo tardi, perché sicuramente è già tardissimo.
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