[vc_row][vc_column][vc_column_text]Era altamente osteggiata dall’ex premier (“Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb”), ma in primavera, con il decreto legge n. 50/2017, era stata inserita dal successore, Gentiloni. La tassa Airbnb si prefigurava come una soluzione al fenomeno dell’evasione dell’imposta sul reddito per i guadagni derivanti dagli affitti brevi, ovvero dai compensi versati da Airbnb, nella sua qualità di intermediario, direttamente agli hosts che operano in Italia. Sebbene la formula della cedolare secca fosse già applicata volontariamente da taluni operatori (è una soluzione incentivante, infatti si versa solo un’aliquota secca del 21%, senza pagare Irpef e addizionali), il governo è intervenuto per renderla effettiva e per attribuire la responsabilità della sua trattenuta direttamente in capo all’intermediario immobiliare, che opererebbe quindi come sostituto di imposta. Fin qui tutto bene. Quando si è passati dalla teoria alla pratica, sono cominciati i guai.
L’imposta doveva essere versata entro il 16 di Luglio, per il primo mese di sua validità, ovvero Giugno. Ma il governo ha commesso tutta una serie di errori che rischiano di vanificare la nuova imposta. L’Agenzia delle Entrate ha comunicato in ritardo (12 Luglio, quattro giorni prima della prima scadenza) le modalità operative, mancavano infatti i codici tributo per il versamento della ritenuta, determinando lo spostamento del primo versamento al 12 Settembre, poi divenuto 16 Ottobre dopo l’ultima circolare emessa. Airbnb lamenta il fatto di non poter distinguere fra operatori professionali (che non rientrano nel perimetro della cedolare secca) e non professionali. La società è quindi ricorsa al TAR lamentando la violazione di norme comunitarie, in particolare la Direttiva 1535/2015 (comunicazione preventiva delle regole tecniche per le società digitali); l’articolo 56 del Trattato di Funzionamento dell’Unione europea, che vieta restrizioni alla libera prestazione di servizi all’interno del blocco comunitario; le norme sulla tutela dei dati personali dei cittadini. Airbnb è in forte difficoltà tecnica ed in svantaggio competitivo rispetto ad altre piattaforme di intermediazione che non gestiscono direttamente il trasferimento di denaro, lasciato alla libera interazione fra locatore e locatario. La scadenza del 16 Ottobre verrà rispettata solo dagli operatori raccolti nella Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali (Fiaip) e dai Property Managers Italia (Pmi), che ad onor del vero raccolgono la cedolare secca da Giugno. Airbnb ha deciso di andare allo scontro.
Già si annuncia un intervento “correttivo” in Legge di Bilancio, qualcosa che avrà la forma di un arretramento. Certamente, ancora una volta, il giusto tentativo di far pagare le tasse sugli affitti brevi turistici naufraga a causa del modo maldestro di approntare le norme e di preparare ed emettere le modalità operative, scritte senza tener conto delle diramazioni del settore e senza una pur vaga idea delle conseguenze, che la Fiaip ha valutato in almeno 100 milioni all’anno di maggiori costi. Forse una migliore specificazione degli obblighi dei sostituti di imposta sarebbe stata opportuna. E’ inaccettabile che non ci si sia nemmeno resi conto degli impatti sulla gestione dei dati sensibili degli hosts.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]