Durante la pandemia, mentre 7,6 milioni di persone in Italia hanno visto peggiorare il proprio tenore di vita, il patrimonio delle 40 persone più ricche è passato da 121 a 16 5 miliardi.
Il prelievo fiscale è sempre troppo sbilanciato sul reddito da lavoro e trascura del tutto il patrimonio. Siamo di fronte a una crisi enorme, imprevista: la tassazione sul patrimonio non può più essere evitata. Occorre prepararsi per tempo.
Un sistema che concentra nelle mani di pochi, pochissimi, una ricchezza cospicua e che annualmente ne incrementa l’ammontare, rappresenta una grave deviazione.
Eppure il crescente gap tra le retribuzioni del top 10 e quelle del resto di lavoratrici e lavoratori non viene percepito con sentimenti di ingiustizia: l’intendimento generale è che non vi è nulla di sbagliato se è il mercato a premiare, mentre l’intervento dello Stato viene visto come una privazione, una mutilazione ingiusta al premio del vincitore.
Diamo piena attuazione all’articolo 53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Se continueremo a fare come abbiamo sempre fatto, a proteggere le posizioni dominanti, ad avvantaggiare chi è già in vantaggio e a non ridistribuire le responsabilità, perderemo tutti.
Bene che i miliardari diano il loro contributo in un momento di crisi. Perché non renderlo un appuntamento fisso? Magari annuale? Le loro “donazioni” potrebbero persino essere basate su una percentuale del loro reddito. Potrebbero persino essere chiamate “tasse”.