[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il Transgender Day of Remembrance si svolge ogni anno il 20 novembre e ci ricorda che dobbiamo commemorare le vittime dell’odio transfobico ma ci permette di fare anche un bilancio sul livello di liberazione ed uguaglianza delle persone trans*, intersex e gender fluid.
Un bilancio tutto negativo per il nostro Paese: non solo non si è fatto alcun passo in avanti ma da mesi la comunità trans* si trova ad affrontare una crisi gravissima che riguarda il reperimento dei farmaci ormonali per la Terapia Ormonale Sostitutiva. Le risposte arrivate dal Governo sono totalmente insufficienti e lasciano irrisolto il problema.
Anche questo anno dobbiamo suonare la sveglia ad una politica completamente assente e disinteressata nei confronti di una comunità che continua a perdere fiducia verso la classe dirigente di questo Paese.
Una crisi che diventa ancora più profonda se si prende atto della crescita di un odio istituzionale ed istituzionalizzato che colpisce le persone considerate diverse, a partire dalle donne e dalla comunità LGBTI.
Le persone trans* vivono in un Paese che dopo la legge del 1982 le ha completamente abbandonate, disinteressandosi delle discriminazioni multiple che affrontano ogni giorno, nel mondo del lavoro, in quello scolastico ed universitario, nell’accesso al diritto costituzionale alla salute. Sono persone costrette ogni giorno a fare coming-out fino a quando non ottengono un documento rettificato: dalle poste alla banca, quando vengono fermate per un controllo di routine della polizia stradale, quando devono mostrare un documento, quando, e se, decidono di andare in palestra, quando, e se decidono di andare a votare dove ci si trova ancora di fronte al sistema arcaico delle file per sesso. Questi sono solo alcuni esempi ma potremmo continuare in ogni altro ambito della quotidianità.
Il percorso delle persone in transizione, inoltre, non è solo un elemento personale, ma assume, molto spesso, i contorni di una vera e propria rivendicazione politica a tutti gli effetti: il corpo e l’identità come strumenti di lotta per la richiesta di pieno riconoscimento ed equi diritti. Se anni fa Carol Hanisch affermava che “il personale è politico”, oggi è il corpo uno dei nuovi elementi dell’agire politico, come ricorda anche Judith Butler nelle sue opere, tra cui “Gender Trouble” e l’ultimo “L’alleanza dei corpi” (Ed Nottetempo, 2017).
Ma per la piena uguaglianza, in Italia siamo ancora indietro anni luce, non solo in termini di legge ma anche di comunicazione e informazione: di persone trans si parla molto poco, dentro e fuori la comunità LGBTI, e spesso se ne fa una narrazione carica di stereotipi e pregiudizi, quelli stessi che dovremmo tutte e tutti, invece, contribuire a smantellare.
Di fronte a questo ripetiamo con sempre maggiore convinzione che il diritto all’autodeterminazione deve essere reale per tutte e tutti, superando, finalmente, che ci sia sempre una terza persona a decidere, che sia un medico o un giudice.
Chiediamo di liberare le identità perché solo così possiamo liberare la società e la politica.
Un impegno che assumiamo in memoria di chi ha perso la vita, “colpevole” di aver scelto di esistere alla ricerca della propria felicità in un mondo sempre più dominato dall’odio.
Un impegno che passa dalla lotta e dalla rivendicazione di libertà, diritti e uguaglianza al fianco delle persone trans* ed intersex.
Gianmarco Capogna
Portavoce Nazionale di Possibile LGBTI+[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]