di Francesco Codagnone
Elios, Maudit, Morgana, Camilla, Cloe, Sasha, Naomi, Chiara. E altre due persone, invisibili, senza neanche un nome. Sono le dieci vittime di transfobia dell’ultimo anno in Italia.
In questi mesi ci è spesso capitato di assistere a discussioni oscene sulla pelle della comunità transgender: uomini travestiti da donne, donne travestite da uomini, difettose derive della teoria di genere, usurpatori e usurpatrici del genere, persone confuse, disturbate, traumatizzate, perverse, irrisolte, pericolose. Persone brutte, bruttissime, che vorremo tanto non vedere — non sappiamo come comportarci, possiamo tollerarle solo se non sappiamo cosa sono in realtà, distogliamo lo sguardo. E a furia di distogliere lo sguardo, di lasciare queste persone da sole, alla periferia sociale, sommesse, in silenzio, invisibili, a furia di volerle morte, capita che poi una ne muore davvero. Anzi dieci.
Elios, 15 anni, era una persona non binaria. Amava leggere, soprattutto la mitologia e i grandi classici. Elios non era accettatə dalla madre e dalla scuola. Si è buttatə dal quarto piano di una palazzina, l’anno scorso, ma la notizia è stata diffusa solo lo scorso 17 ottobre. Maudit, 29 anni, era una persona agender. Si è toltə la vita il 30 marzo scorso. Era unə poeta e si batteva contro lo stigma dell’HIV, gli stereotipi di genere e per la normalizzazione del ciclo mestruale delle persone trans*. Morgana, 41 anni, era una donna trans* colombiana, senza fissa dimora. È morta a Roma, nella notte tra il 20 e il 21 aprile scorso, in mezzo alla strada. È morta di freddo, sola. Accanto a lei sono stati ritrovati i suoi pochi effetti personali. Una donna trans* peruviana di 30 anni è precipitata dal balcone del palazzo delle poste, a Perugia, lo scorso maggio. È morta il 17 maggio, in ospedale, dopo sei giorni di terapia intensiva. Non è chiaro se si debba parlare di suicidio o omicidio. Il suo nome non è stato reso noto. Camilla, 43 anni, era una donna trans*. Faceva la parrucchiera. Il suo corpo è stato ritrovato il 7 giugno scorso nei pressi del torrente Parmignola, vicino Sarzana. Era stata picchiata e fucilata. La notizia destò clamore, soprattutto per un uso ossessivo di misgendering e deadnaming da parte della stampa. Cloe Bianco, 58 anni, era una donna trans*. Insegnava fisica alle superiori. Nel 2015 aveva fatto coming out, ma venne sospesa dall’insegnamento in seguito a un duro commento dell’allora assessora all’Istruzione del Veneto. Si è tolta la vita il 10 giugno scorso, nel camper dove abitava, sola, in isolamento. Sasha, 15 anni, era un ragazzo trans*. Era volontario presso Arcigay Catania. L’11 giugno scorso si è lanciato dal sesto piano del palazzo dove abitava. Su di lui e sulla sua morte non sono state diffuse molte altre informazioni. La stampa parlò di lui con pronomi femminili. Naomi, 47 anni, era una donna trans*. Il 5 ottobre scorso è stata ritrovata morta in una camera di hotel ad Ardea, in provincia di Roma. È stata soffocata a mani nude durante un rapporto sessuale. A scoprire il corpo senza vita di Naomi sarebbe stata una sua amica, preoccupata per non averla sentita per diversi giorni. Era una delle sue uniche amiche. Una donna trans* brasiliana di 35 anni è stata investita lo scorso 15 ottobre lungo la tangenziale a sud di Parma. L’omicida, in seguito all’arresto, avrebbe detto che “pensava fosse un animale”. Della donna, la stampa ha diffuso unicamente il nome all’anagrafe. Chiara, 19 anni, era una ragazza trans*. Da anni era vittima di violenza, emarginazione e bullismo. Già due anni fa aveva chiesto aiuto al numero verde contro l’omotransfobia del Gay Center. Si è tolta la vita il 24 ottobre scorso, a Napoli, nella sua camera da letto, mentre la madre non era in casa.
Elios, Maudit, Morgana, Camilla, Cloe, Sasha, Naomi, Chiara. E altre. Vittime di un Paese che ha scelto la strada dell’omotransfobia affossando il Dll Zan e consentendo alla nostra classe politica, intellettuale e imprenditoriale di esprimersi con termini apertamente misogini e omotransfobici senza alcuna conseguenza. Vittime di un Paese in cui i mass media, all’indomani delle loro morti, hanno riportato le notizie tra misgendering e deadnaming, rendendo la loro identità uno scherzo, alla stregua di un capriccio, privandole della dignità e dell’identità, anche in morte. Vittime di un Paese in cui una persona trans* è costretta a lavorare (se può), uscire di casa, affittare un appartamento, viaggiare, vivere con un documento su cui è riportato un nome diverso da quello con cui è conosciutə. Vittime di un Paese in cui il percorso di transizione per una persona trans* è lungo e costoso, fatto di ostacoli, umiliazioni, resistenze, continui controlli per essere sicurə che si stia facendo la “scelta giusta”. Vittime di un Paese in cui è possibile umiliare pubblicamente una persona trans*, mettere in discussione la sua professionalità e preparazione, chiamarla con i pronomi sbagliati e con il nome che non la rappresenta più — che mai l’ha rappresentata. Vittime di un Paese cui alla comunità LGBTQAI+ è negato il diritto all’autodeterminazione, all’affettività, alla genitorialità, alla socialità, spesso al lavoro, alla sicurezza, all’assistenza, all’individualità. Alla libera vita — ma non alla libera morte.
Nel 2022 sono state 381 le persone vittime di transfobia in tutto il mondo: più di una persona trans* al giorno perde la vita per cause non naturali. Numeri a ribasso, perché di moltə non conosceremo mai la storia — spesso senza nome, senza origini, senza documenti, o semplicemente dimenticatə ai margini della società, cancellatə, se mai sono esistitə. L’Italia è al primo posto in Europa per vittime di transfobia. Ne abbiamo raccontate dieci. Sono molte di più.
Elios, Maudit, Morgana, Camilla, Cloe, Sasha, Naomi, Chiara. E altre. Le loro storie sono storie di persone invisibili, testimonianze di una politica e di una società che rende impossibile, per le persone trans*, vivere la propria vita con dignità, pienezza di diritto e libertà. Le loro storie devono essere anche le nostre storie, dobbiamo raccontarle oggi, in occasione del TDoR, e tutti gli altri giorni — con rabbia, dolore, il cuore a pezzi, la gola in fiamme — e non dimenticarle mai. Sono già le nostre storie. Perché la verità è che Elios, Maudit, Morgana, Camilla, Cloe, Sasha, Naomi, Chiara erano persone normali, per usare un termine che non dovremmo usare mai. Erano, soprattutto, persone coraggiose, che hanno intrapreso il loro percorso di transizione in una società che le ha trattatə con quell’assenza di pietà che riserviamo alle persone brutte e alle persone trans*. Alle persone invisibili. Alle persone che non vorremmo vedere, se non da morte. E per questo sono mortə.
📷 Finalmente Vanessa