Il tempo di migrare, ancora

Nel corso dello scorso anno, sono andate via dall’Italia 107.529 persone. Di queste, più di un terzo sono i giovani fra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7 per cento), e in gran parte, 16.568, hanno scelto la Germania. Le regioni da cui si è partiti di più (ché la retorica demagogica è spesso urticante proprio perché falsa) sono state la Lombardia (20.888) e il Veneto (10.374).

Era di novem­bre, il 21, all’alba di quel Nove­cen­to che tan­to a fon­do dovet­te poi scon­vol­ge­re la sto­ria, quan­do il mio bisnon­no sep­pe l’odore dell’aria a Ellis Island. Scen­de­va dall’Aller, basti­men­to del Lloyd Ger­ma­ni­co sal­pa­to da Napo­li, lo stes­so che tan­to impres­sio­nò l’allora cor­ri­spon­den­te da New York del Gior­na­le d’Italia per i mal­trat­ta­men­ti subi­ti dai migran­ti, fino a sor­ti­re addi­rit­tu­ra – e all’epoca i signo­ri non era­no soli­ti muo­ver­si per i cafo­ni – un’interrogazione del depu­ta­to Lui­gi Moran­di al mini­stro del­la Mari­na, nel dicem­bre del 1901. E, curio­so para­dos­so, il mira­co­lo eco­no­mi­co ave­va appe­na fini­to di dispie­ga­re i suoi effet­ti quan­do, nel mar­zo del ’64, fu mio non­no a var­ca­re i con­fi­ni, ver­so la Sviz­ze­ra a far mat­to­ni per le case dei ric­chi, lui che per ripa­ro dal­le stel­le in quel­la ter­ra ave­va sola­men­te il tet­to d’una baracca.

Potrei con­ti­nua­re con la saga, e met­ten­do­ci pure le migra­zio­ni inter­ne, anche fino a diven­tar­ne io stes­so pro­ta­go­ni­sta. Non è quin­di un fat­to nuo­vo, soprat­tut­to per quel­li nati più o meno nei posti dove sono nato io, in cui l’emigrazione è una tap­pa natu­ra­le nel­la cre­sci­ta di ognu­no: si vie­ne al mon­do, si diven­ta gran­di, si va via a cer­car for­tu­na da un’altra par­te. Non­di­me­no, leg­ge­re que­sta mat­ti­na i dati del Rap­por­to Ita­lia­ni nel Mon­do 2016, rea­liz­za­to e pre­sen­ta­to a Roma dal­la Fon­da­zio­ne Migran­tes, mi ha impres­sio­na­to. Nel­lo scor­so anno, sono anda­te via dall’Italia 107.529 per­so­ne. Di que­ste, più di un ter­zo sono i gio­va­ni fra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7 per cen­to), e in gran par­te, 16.568, han­no scel­to la Ger­ma­nia. Le regio­ni da cui si è par­ti­ti di più (ché la reto­ri­ca dema­go­gi­ca è spes­so urti­can­te pro­prio per­ché fal­sa) sono sta­te la Lom­bar­dia (20.888) e il Vene­to (10.374).

Non solo non è fini­ta la cri­si, non solo la caba­li­sti­ca nume­ro­lo­gia di pote­re non rac­con­ta la real­tà che ha spin­to un nume­ro di per­so­ne pari a quel­lo di un capo­luo­go medio del “bel Pae­se” a lasciar­lo, ma si è tor­na­ti a pren­de­re le vali­gie, che ora chia­mia­mo trol­ley e riem­pia­mo d’identica malin­co­nia di quan­do eran di car­to­ne. Rispet­to al 2014, nel 2015 gli iscrit­ti all’Aire, l’anagrafe degli ita­lia­ni resi­den­ti all’estero, sono sta­ti il 6,2 per cen­to in più, por­tan­do il tota­le degli ita­lia­ni al di là dei con­fi­ni a rag­giun­ge­re quo­ta 4.811.163 (più 3,7 per cento).

Men­tre tut­to que­sto acca­de­va, men­tre i ragaz­zi, anche quel­li più pre­pa­ra­ti, pure i miglio­ri, lascia­va­no l’Italia, quel­li che rima­ne­va­no, vomi­ta­va­no indi­ci­bi­li spro­po­si­ti con­tro quan­ti, con modi dif­fe­ren­ti e dispe­ra­zio­ne incom­pa­ra­bil­men­te mag­gio­re, pro­va­va­no a tro­va­re una via per il loro sta­re al mon­do, o tam­bu­rel­la­va­no giu­li­vi sull’efficacia impal­pa­bi­le come un tweet di misu­re arca­ne fin nel­la lin­gua che s’incaricava di spie­gar­le e che solo, dice­va­no, uno sguar­do acce­ca­to dall’odio pre­giu­di­zia­le pote­va non scorgere.

Chie­den­do­ti poi da dove nasces­se la sfi­du­cia e per­ché pares­se cede­re al ran­co­re.

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