Terrorismo: Possibile, governi fermino il traffico di armi

Vanno prosciugati i finanziamenti allo Stato Islamico: la cura politica deve passare attraverso il contrasto del traffico di armi e droga che molti governi fanno finta di ignorare. Riconsiderare i rapporti con Stati come l'Arabia Saudita che finanziano direttamente il terrorismo. Lo dichiarano in una nota i parlamentari di Possibile Pippo Civati, Beatrice Brignone, Luca Pastorino, Andrea Maestri e Toni Matarrelli.

ROMA, 4 LUG — “Il pro­cu­ra­to­re nazio­na­le anti­ter­ro­ri­smo Fran­co Rober­ti ha fat­to del­le con­si­de­ra­zio­ni che noi con­di­vi­dia­mo e che da mesi ripe­tia­mo anche in Par­la­men­to. Dopo l’at­ten­ta­to di Dak­ka, è sem­pre più urgen­te che l’U­nio­ne Euro­pea e i Gover­ni Nazio­na­li si impe­gni­no per cer­ca­re una stra­te­gia poli­ti­ca con­tro l’Is.

Al di là del­le Intel­li­gen­ce e del­le solu­zio­ni mili­ta­ri, ormai sap­pia­mo che van­no pro­sciu­ga­ti i finan­zia­men­ti allo Sta­to Isla­mi­co: la cura poli­ti­ca deve pas­sa­re attra­ver­so il con­tra­sto del traf­fi­co di armi e dro­ga che mol­ti gover­ni fan­no fin­ta di igno­ra­re. Ricon­si­de­ra­re i rap­por­ti con Sta­ti come l’A­ra­bia Sau­di­ta che finan­zia­no diret­ta­men­te il ter­ro­ri­smo”. Lo dichia­ra­no in una nota i par­la­men­ta­ri di Pos­si­bi­le Pip­po Civa­ti, Bea­tri­ce Bri­gno­ne, Luca Pasto­ri­no, Andrea Mae­stri e Toni Matar­rel­li.

“Nei mesi scor­si — aggiun­go­no — abbia­mo chie­sto chia­ri­men­ti al gover­no sui lega­mi del­l’I­ta­lia con Riyad cir­ca la ven­di­ta di armi all’A­ra­bia Sau­di­ta, prin­ci­pa­le respon­sa­bi­le del mas­sa­cro in Yemen e del finan­zia­men­to alla rete dei ter­ro­ri­sti del­l’Is. Ride­fi­ni­re i rap­por­ti con que­sti Pae­si, inclu­sa la Libia, in un otti­ca di tra­spa­ren­za tota­le anche per gli scam­bi com­mer­cia­li. E anco­ra, come sug­ge­ri­sce Rober­ti, ‘rom­pia­mo le cau­se del­le dise­gua­glian­ze socia­li’ costruen­do poli­ti­che del­l’ac­co­glien­za con­di­vi­se e soste­nu­te da tut­ta l’Eu­ro­pa sui migran­ti. I pro­cla­mi sul­le vit­ti­me e sugli allar­mi non ser­vi­ran­no a mol­to se non inter­ve­nia­mo sul­le cau­se che gene­ra­no il ter­ro­ri­smo e sul­le mani che lo finanziano”.

“Il rap­por­to “Bor­der Wars” del­le orga­niz­za­zio­ni Trans­na­tio­nal Insti­tu­te e Stop Wape­n­hal­den, dif­fu­so in Ita­lia dal­la Rete Ita­lia­na per il Disar­mo pro­prio in que­ste ore, get­ta pesan­ti ombre sul­le respon­sa­bi­li­tà del­le gran­di le azien­de euro­pee di arma­men­ti e sicu­rez­za come Fin­mec­ca­ni­ca, Tha­les, Air­bus, Safran, Indra che da una par­te ven­do­no armi, cau­san­do di fat­to le cri­si dei migran­ti e dal­l’al­tro han­no inte­res­si enor­mi nei siste­mi di sicu­rez­za per il con­trol­lo del­le fron­tie­re. Un cor­to cir­cui­to gigan­te­sco che i Gover­ni devo­no affron­ta­re in manie­ra non ipo­cri­ta se si vuo­le dav­ve­ro fer­ma­re il ter­ro­ri­smo glo­ba­le del­lo Sta­to Isla­mi­co”, con­clu­do­no. (ANSA).

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.