Sabato 13 aprile siamo state invitate dai Verdi Europei a Bruxelles per partecipare a The Green Wave, l’incontro di formazione e di lancio della campagna elettorale per le europee degli European Greens e delle formazioni collegate alla loro famiglia europea.
Una giornata dedicata a fornire a tutte e a tutti gli strumenti necessari per approfondire il progetto e il programma dei Verdi Europei, oltre a fare il punto sulle cose fatte in cinque anni in Parlamento. A confrontarsi sul linguaggio e i materiali per far arrivare al maggior numero di persone possibile questi contenuti.
Pagine e pagine di proposte precise, solide, attuabili e radicali allo stesso tempo. Parole d’ordine e soluzioni che suoneranno familiari a chiunque abbia seguito il lavoro di Possibile, con le proposte di legge, le mozioni, il Manifesto, le campagne. E un respiro europeo che abbiamo sempre sentito nostro, convinti che le grandi sfide a cui la politica deve rispondere non possano essere affrontate se non su scala europea (quando non globale), e di cui abbiamo avvertito la mancanza in precedenti progetti.
Perché quello europeista, femminista, ambientalista è l’unico progetto per cambiare l’Europa. Ed esiste già, per chi vuole farne parte, appoggiarlo e votarlo: è necessario dirlo, ora che tutti si dichiarano femministi, europeisti, ambientalisti (e altri ancora lo faranno dopo il 26 maggio). Esiste già, se si vuole vedere, sentire, sopra il rumore di fondo di una politica che non riesce a uscire dai congressi perenni, confusi e affetti da un’obsolescenza programmata per cui mentre uno arriva a compimento è già confluito in quello successivo, con un altro nome ma le stesse facce.
Invece, a volerle ascoltare e leggere, le parole di cui abbiamo bisogno e le idee che stanno dietro alle parole sono già qui. Sono le nostre, così simili a quelle che abbiamo sentito sabato.
Le migrazioni, su cui si infrange la retorica dell’”alleanza sovranista”, perché tra i cattivisti non ci possono essere alleanze se non di facciata: chi dice “prima gli italiani” si scontrerà presto con chi dice “prima i francesi”, “prima gli ungheresi” e così via, fino a restare soli, sulla frontiera d’Europa.
Il bisogno di sostenibilità e non di austerità; la tax justice; la questione di genere; il diritto all’abitare e allo studio; il lavoro sicuro e dignitoso e i salari.
Le soluzioni ci sono, e vanno proposte e applicate con impegno e di coraggio, anche nel linguaggio, per essere convincenti e non politiciste, come chiedono i cittadini, soprattutto quelli più giovani, le studentesse e gli studenti che abiteranno più a lungo di noi il futuro che dipende da questo presente.
La stessa urgenza e lo stesso coraggio che abbiamo ascoltato sabato dalle voci di alcuni dei protagonisti in Europa.
A partire da Misha Maslennikov di Oxfam e Ska Keller, che rivedo e sento sempre con piacere.
Ma anche Kim van Sparrentak, 27 anni, attivista climatica. E Petra de Sutter, che in tre minuti travolgenti ci ha messo in fila i tanti motivi per cui ci battiamo, out & proud. E Miłka Stępień, figlia di un minatore che eppure festeggia l’avvio della transizione per liberare la Polonia dal consumo di carbone.
Il cambiamento sta già avvenendo. Perché nessuno deve essere messo davanti alla scelta tra ambiente e lavoro, tra salute e stipendio. E non è necessario scegliere, lo hanno già detto Annalisa e Davide, ma lo ripeteremo tutte le volte che serve: contrapporre i bisogni e le urgenze sociali a quelli ambientali è un circolo vizioso e folle che ripete i peggiori errori del passato. Invece è semplice, è chiaro: la giustizia climatica e la giustizia sociale non devono essere contrapposte, e nemmeno separate.
Questo è l’unico progetto per cambiare l’Europa.
Let’s act together.