La parola transizione è sicuramente una di quelle maggiormente utilizzate nello storytelling degli ultimi mesi. Complice il “Governo dei Migliori” – che migliori non sono – tutti hanno incominciato a parlare di transizione di qua, transizione di là, transizione di oggi, di domani…
Parole al vento, appunto solo e semplici parole perché i fatti ancora non si vedono.
Anzi, i fatti ci dicono altro. Ci parlano di autorizzazioni rilasciate con esito positivo, di pareri favorevoli alle trivellazioni in mare, di impianti da fonti fossili o di mega centrali come quella di Presenzano che si aggiungono alle altre esistenti decisamente più inquinanti, che non si vorrebbero spegnere.
Mentre i colossi energetici annunciano la chiusura di numerosi centrali a carbone come Brindisi e Civitavecchia, parallelamente l’accordo – al ribasso – raggiunto dal nostro paese è che invece di incentivare e spingere sulle rinnovabili e sulla creazione di dispostivi di accumulo in numero sufficiente per la rete elettrica nazionale, ci appoggeremo sulle centrali a gas.
Gli step del 2023 e del 2025 previsti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima sono i primi appuntamenti di un percorso che deve portarci all’obiettivo delle zero emissioni del 2050.
La strada intrapresa non ci convince molto, soprattutto perché la transizione da ecologica sta diventando solo una transizione energetica, senza una spinta decisiva verso le fonti rinnovabili e soprattutto senza occuparsi concretamente delle restanti politiche di difesa del patrimonio naturale italiano.
In questi giorni apprendiamo di meeting o riunioni a cui partecipano vari ministri: da quello della Transizione Ecologica, all’Agricoltura e politiche forestali, ai Trasporti… purtroppo le dichiarazioni di fine lavori rilasciate dagli stessi partecipanti ci preoccupano e soprattutto, ma non solo, perché si ha l’impressione che non abbiamo partecipato alla stessa riunione.
Per mezzo passo in avanti che fa ben sperare, assistiamo poi a dichiarazioni e decisioni che invece vanno nella direzione opposta e ci riportano indietro nel tempo.
Insomma, nei “migliori” c’è molta confusione e soprattutto manca una visione complessiva nuova e sostenibile. Ad esempio on si può parlare di tutela del patrimonio naturale e poi considerare i boschi italiani “utili” solo perché producono legno, senza considerare invece altri e più importanti servizi ecosistemici offerti dal patrimonio boschivo italiano.
Manca una strategia “comune” perché a quanto pare i ministri non si parlano tra loro o se parlano usano linguaggi e lingue diverse e non si capiscono.
Il governo dei migliori è la nuova Torre di Babele, e questo deve assolutamente farci preoccupare.
Si sta perdendo tempo, il 2023 è già qui così come il 2050!
Senza dimenticare le immancabili pennellate di greenwashing che ormai stanno diventando patrimonio comune a sinistra quanto a destra, anzi a volte la differenza non la si vede proprio.
Parole, parole, parole cantava Mina.
Ecco, dai “migliori” ci aspetteremmo dei fatti concreti e nella direzione giusta… ma invece la transizione, come la dieta, iniziamo a farla da domani.
Walter Girardi Cattaneo