Per la nostra rassegna #PrimaDelDiluvio, quello vero, immaginata per costruire una proposta di governo in grado di conciliare sviluppo economico e sostenibilità ambientale, ospitiamo oggi il contributo di Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente.
L’improvvisa attenzione dei media per l’aumento dei prezzi degli abbonamenti per i pendolari dell’alta velocità, conclusasi con la rapida marcia indietro da parte di Trenitalia, rappresenta un occasione per aprire finalmente gli occhi su una realtà che riguarda milioni di persone ogni giorno e che, per molti versi, sta sfuggendo di mano.
Dal 2000 ad oggi nel trasporto ferroviario sono andati avanti dei cambiamenti, paralleli e rilevanti, che hanno riguardato da un lato l’apertura del mercato nella fascia veloce e “ricca”, dove oggi troviamo le Frecce e Italo, e dall’altro il trasferimento alle Regioni delle risorse e delle competenze sul trasporto ferroviario regionale, cioè i treni “pendolari” utilizzati ogni giorno da oltre due milioni e ottocentomila persone. L’esito di questi due processi è quanto mai contraddittorio, con differenze e diseguaglianze aumentate negli ultimi quindici anni. Tanto che ci sono tratte dove il servizio è cresciuto, in quantità e qualità, a ritmi incredibili — da Firenze partono 84 treni al giorno in direzione di Bologna — e altre in cui i treni continuano anno dopo anno a ridursi e circolano più lenti che nel 2000. Attenzione, non si parla di linee interne secondarie — di “rami secchi”, come qualcuno li definiva, ne sono stati “tagliati” per oltre 1.200 chilometri — ma, per fare un esempio, di una direttrice come la Messina-Catania-Siracusa dove esisterebbe una fortissima domanda di trasporto su ferro pendolare e turistico.
La ragione di questa situazione sta nei tagli avvenuti al servizio ferroviario a seguito della riduzione delle risorse trasferite dallo Stato a Trenitalia per i servizi intercity (-20% di treni sulle linee rispetto al 2009), e alle Regioni (-6,5% di treni, con punte del 20%). Alcune Regioni hanno fatto fronte a questa situazione mettendo mano al proprio bilancio, evitando i tagli. Ed è importante evidenziare come in queste realtà i pendolari crescano, come in Lombardia, Emilia-Romagna, Alto Adige, Toscana. In tutte le altre regioni i pendolari calano, perché i treni sono stati ridotti e sono sempre quelli, vecchi e lenti, con punte incredibili di disagi su alcune linee pendolari frequentatissime a Roma e Napoli. Di questa situazione si discute troppo poco.
Può sembrare incredibile ma l’unica analisi la effettua ogni anno Legambiente nell’ambito della campagna Pendolaria. Malgrado nel nostro Paese vi siano un’Autorità dei Trasporti, un Ministero e 20 Regioni che gestiscono il servizio, nessuno si occupa di guardare a quello che succede sulla rete ferroviaria. Per cui può succedere che da qualche mese non vi siano più treni che collegano il Molise con il mare: ossia il capoluogo Campobasso con Termoli, come avveniva dal 1882, semplicemente perché la Regione ha poche risorse e ha comunicato a Trenitalia di sospendere il servizio.
Sono scelte incredibili e inaccettabili. Stiamo infatti parlando di risorse dello Stato, trasferite alle Regioni per garantire un servizio che deve avere determinate caratteristiche e garantire lo stesso diritto ai cittadini italiani, a prescindere da dove vivono. Se, per fare un esempio, a Campobasso fosse stato chiuso l’Ospedale, come minimo il Ministero competente avrebbe mandato gli ispettori. Eppure oggi il diritto alla mobilità dovrebbe essere garantito come quello alla salute, e in particolare andrebbe garantito il diritto a spostarsi su mezzi che non inquinano come treni, metropolitane, tram.
Ma per tornare ai pendolari dell’Alta velocità, farebbero bene a non rimanere troppo tranquilli dopo l’annuncio di Trenitalia di cancellare gli aumenti. Perché anche loro sono vittime di questa situazione, e anche loro rischiano che l’aumento degli abbonamenti sia solo rinviato. Qualcuno forse ricorda la promessa dell’Alta Velocità: quando avremo 4 binari tra Torino e Milano, vi sarà finalmente spazio per treni veloci, intercity e regionali. Peccato che le ultime due categorie siano praticamente scomparse, i pendolari non trovano alternative alle Frecce e agli Italo e rischiano di rimanere in ostaggio di operatori che possono decidere il prezzo dei biglietti a piacimento. Insomma è arrivato il momento accendere i riflettori sulla condizione che vivono milioni di pendolari ogni giorno, in particolare se vogliamo restituire una concreta speranza di rilancio del Paese e uscita dalla crisi.
Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente