Questo fine Agosto ha portato l’ennesima, amara sorpresa per il territorio livornese, con la chiusura immediata di una realtà produttiva come Trinseo, (ex Styron, Dow) storica presenza nella nostra città. La solita multinazionale americana ha deciso, in tempi strettissimi, la cessazione dell’attività produttiva e la dismissione dell’impianto. Il punto è che rispetto agli altri esempi visti negli anni passati, dove le motivazioni della proprietà risiedevano nella crisi del mercato e nella scarsa produttività degli impianti presenti, in questo caso potremmo parlare di decisione veramente “kafkiana”, dato che siamo di fronte ad un impianto che dopo pesanti ristrutturazioni operate negli anni passati, produceva utili e vantava elevati livelli di produttività ed efficienza, senza contare i risultati raggiunti in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro. Un vero esempio di produzione industriale eco-compatibile e di rispetto delle normative sul lavoro.
Quindi, nonostante i principali parametri necessari per tenere in piedi un’attività produttiva fossero ampiamente positivi, un “board”, in un altro continente, ha deciso lo stesso di chiudere. Evidentemente siamo di fronte ormai ad un sistema economico produttivo che è completamente “collassato” e si muove su logiche tipiche della cosiddetta “internazionalizzazione dei mercati” dove la produzione viene sempre più concentrata in luoghi dove non esistono le normative presenti nel nostro Paese in materia ambientale, di sicurezza e di natura fiscale.
Tutto questo, senza dare per scontato che la giusta scelta per i propri azionisti siano sempre e solo le chiusure e le dismissioni. Non dimentichiamoci che la crisi economica degli ultimi sette anni è nata da un mercato in cui le speculazioni finanziarie hanno preso il sopravvento sull’economia reale, fatta di investimenti, impianti produttivi e conseguenti posti di lavoro. Spesso abbiamo assistito a decisioni di vendite, chiusure od incorporazioni che creavano vantaggi per gli amministratori ma non certamente per la massa dei piccoli azionisti che si trovavano improvvisamente con il valore dei propri titoli drasticamente ridotti nell’arco di poche ore.
Quindi, decade anche la motivazione del “dividendo a tutti i costi” ai propri azionisti, perché le cronache borsistiche degli ultimi anni hanno evidenziato perdite pesanti ed altrettanti ridimensionamenti dei valori azionari investiti nei più disparati settori a partire proprio dalle grandi multinazionali.
In questa logica, le decisioni importanti in materia di economia, finanza, lavoro di interi continenti (neanche più di singoli Paesi) vengono prese da poche persone, a capo di veri e propri colossi che spesso operano sui mercati in condizioni di monopolio o se va bene di oligopolio, influenzando od eludendo le decisioni dei singoli Governi o Parlamenti eletti dai cittadini. Dove è finito il concetto di democrazia, vanto del nostro mondo occidentale? Per non parlare della logica del mercato e della concorrenza, baluardi del sistema capitalistico.
Questi sono i veri punti che la classe politica dovrebbe avere il coraggio di affrontare e risolvere, cominciando magari anche ad esercitare i poteri attribuiti agli organismi istituzionali ancora esistenti, a cominciare dagli enti locali, che di fronte a chiusure di impianti produttivi di questo tipo, oltre a gestire le procedure di mobilità del personale, possono per esempio vincolare le aree dismesse a destinazione produttiva evitando le solite varianti urbanistiche che abbiamo visto in passato anche nel nostro territorio.
Antonio Ceccantini — Livorno Possibile