Lanciano è un comune in provincia di Chieti, vicinissimo a quelli di Ortona e Fossacesia. Questi ultimi, insieme ad altri sette (da Francavilla a San Salvo) formano il litorale adriatico chietino, meglio conosciuto come la Costa dei Trabocchi, una delle più belle di tutto l’Adriatico. Lanciano ha circa 36 mila abitanti, ma erano in 60 mila in un corteo lungo 5 chilometri, a manifestare contro le trivelle, da tutta la regione e con rappresentanze anche da Molise, Basilicata, Puglia, Marche, Campania, persino dalla Lombardia e dalla Toscana. Una delle manifestazioni più importanti della storia regionale, sicuramente tra le principali nazionali sul tema delle trivellazioni.
Nel mare della Costa dei Trabocchi, infatti, il governo ha in cantiere tre progetti, per tre insediamenti differenti con pozzi per l’estrazione di idrocarburi, a 6/7 chilometri dalla costa: Ombrina Mare, Elsa 2 e Rospo Mare.
“Ombrina mare” prevede una concessione alla società inglese Rockhopper (ex Medoilgas), per trivellare dai 4 ai 6 pozzi di fronte alla costa di S. Vito chietino, a 7 chilometri dalle spiagge. Ad essa sarà affiancata una nave enorme (ad ancoraggio quasi fisso) per lo stoccaggio e prima raffinazione degli estratti (desolforazione) a 11 chilometri. Per “Elsa 2”, invece, un pozzo esplorativo (ad opera della Petroceltic) a circa 7 chilometri dalla costa tra Francavilla e Ortona e nei pressi di tre riserve naturali regionali (Ripari di Giobbe, Punta dell’Acquabella e Lido Riccio). E’ prevista, infine, la richiesta di trivellazioni per l’attivazione di nuovi pozzi presso la piattaforma “Rospo Mare”, a largo tra Vasto e Termoli (Cb) nelle acque molisane. Tra titoli già concessi (277.488 ettari, tra permessi di ricerca e concessioni di coltivazione) e istanze presentate (191.243 ettari, permessi di ricerca) si arriva a una superficie complessiva di 468.731 ettari, parlando solo di quella marina.
Se questi sono i motivi tecnici, la protesta si è levata altissima e fortissima perché il governo e gli organismi tecnici del ministero dell’Ambiente stanno tirando dritto sui progetti, anche e nonostante un ricorso presentato da 9 Regioni alla Corte costituzionale sullo Sblocca Italia (che intende raddoppiare le estrazioni di idrocarburi e accentrare nelle mani dello Stato il potere decisorio di tutti i prodotti energetici considerati strategici, anticipando di fatto la riforma dell’art. 117 della costituzione; ed il cui articolo 38 snellisce i tempi per le autorizzazioni scavalcando i territori ed accentrando in mani ministeriali sia le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore che la competenza sulla Valutazione di Impatto Ambientale).
Il Comitato nazionale ha dato la V.I.A. nelle ultime settimane prima ad Ombrina, poi ad Elsa. Lo Sblocca Italia, mentre per qualcuno c’entrava poco con le trivellazioni in esame, pone serie basi per lo scempio del paesaggio, continuando e peggiorando il lavoro del Decreto Sviluppo. Cancella, infatti, l’autorizzazione per la ricerca di idrocarburi che sia effettuata attraverso il pozzo esplorativo e, con ciò, cancella anche la possibilità che in proposito si esprimano gli Enti locali. Questo, fa notare Enzo Di Salvatore (professore di diritto costituzionale e cofondatore del coordinamento nazionale NoTriv), prevede il nuovo “disciplinare tipo” (dello scorso 25 marzo) all’art. 2, distinguendo tra “attività di ricerca” (in relazione ai vecchi permessi) e “fase di ricerca” (una delle tre previste per il nuovo “titolo concessorio unico”). Per quest’ultima non c’è più il riferimento all’autorizzazione, il che potrebbe spiegare perché per le società petrolifere potrebbe essere stato conveniente chiedere la conversione dei vecchi permessi di ricerca in titoli concessori unici o chiedere che i procedimenti amministrativi in corso seguissero il nuovo iter previsto per il rilascio di un “titolo concessorio unico”. Le possibili conseguenze sono del tutto evidenti.
Inoltre, è notizia di questi giorni, a delineare e completare la confusione “romana”, che il ministero dell’Ambiente il ministero dell’Ambiente, le Regioni interessate e l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) hanno più di una perplessità sulle trivellazioni croate. Una serie di osservazioni è stata inviata al governo della Croazia, nell’ambito delle consultazioni transfrontaliere: tutte esprimono timori per le ripercussioni ambientali sul territorio italiano, visto che i giacimenti che si vorrebbe esplorare si estendono anche sotto le acque nazionali. Secondo il ministero dell’Ambiente ci sono criticità legate a contaminazione chimica, inquinamento dell’aria, subsidenza e sismicità indotta, impatto sul traffico marittimo e tutela della biodiversità e di siti nazionali protetti. Il governo perciò, da un lato teme le trivelle croate, dall’altro accelera sui pozzi nazionali: alla miopia unisce anche lo strabismo decisorio.
La Regione Abruzzo, presente in rappresentanza alla manifestazione, ha fatto sapere nei giorni scorsi, comunque, che se il governo insisterà su questa linea, partiranno relativi ricorsi al T.A.R. sui procedimenti in corso e”sbloccati”. Vedremo, cosa accadrà. Sicuramente vigileremo su una questione di importanza e di interesse generale, per l’Abruzzo e per l’Italia intera. Per questo a Lanciano ci sono stati 60mila “no”: per la regione e per tutto il territorio nazionale. Un altro modo #èPossibile.