Troppo poco, troppo tardi

Il decre­to nel­la sua ver­sio­ne defi­ni­ti­va, fir­ma­ta da Con­te qua­si 24 ore dopo la pre­sen­ta­zio­ne di ieri not­te alla nazio­ne, con­tie­ne misu­re mol­to blan­de di con­te­ni­men­to dell’esposizione e del movi­men­to di lavo­ra­to­ri impe­gna­ti in mol­tis­si­mi set­to­ri, che riman­go­no anco­ra aper­ti. Alla boz­za di ieri si sono aggiun­te mol­te categorie.

Il decre­to “slit­ta” al 25, scri­ve­va Repub­bli­ca nel pome­rig­gio. In veri­tà la sua attua­zio­ne “slit­ta” al 26, per tut­te le azien­de anco­ra atti­ve. Dal 26 saran­no esen­ta­te dal­la chiu­su­ra le azien­de indi­ca­te, a cui si sono aggiun­ti oggi l’estrazione di car­bo­ne e di gas natu­ra­le, le atti­vi­tà dei ser­vi­zi di sup­por­to all’e­stra­zio­ne, la fab­bri­ca­zio­ne imbal­lag­gi in legno, la fab­bri­ca­zio­ne di mac­chi­ne per l’in­du­stria del­la pla­sti­ca, la ripa­ra­zio­ne e manu­ten­zio­ne instal­la­zio­ne di mac­chi­ne e appa­rec­chia­tu­re (tut­te, pri­ma era­no con­tem­pla­te solo alcu­ne cate­go­rie), le atti­vi­tà di puli­zia e disin­fe­zio­ne (tut­te, in pre­ce­den­za solo quel­le all’esterno), la ripa­ra­zio­ne e la manu­ten­zio­ne di com­pu­ter e peri­fe­ri­che, cel­lu­la­ri, elet­tro­do­me­sti­ci e arti­co­li per la casa, le atti­vi­tà di fami­glie e con­vi­ven­ze come dato­ri di lavo­ro per per­so­na­le dome­sti­co, le atti­vi­tà lega­li e con­ta­bi­li, le atti­vi­tà pro­fes­sio­na­li, scien­ti­fi­che e tec­ni­che, le atti­vi­tà di con­su­len­za gestio­na­le e di dire­zio­ne azien­da­le, le atti­vi­tà degli stu­di di archi­tet­tu­ra e di inge­gne­ria, tut­te le atti­vi­tà di tra­spor­to ter­re­stre e median­te con­dot­te, l’ingegneria civi­le, in tut­te le sue atti­vi­tà (nel­la pri­ma boz­za non era­no contemplate).

A ciò si aggiun­go­no i dipen­den­ti dell’amministrazione pub­bli­ca e del­la difesa.

Ci sia­mo con­fron­tan­ti con Enzo Di Sal­va­to­re, che precisa:

«Rias­su­mo quan­to pre­ve­de il DPCM fir­ma­to da Con­te poco fa:
— le atti­vi­tà che andreb­be­ro sospe­se (che dun­que non com­pa­io­no nell’allegato) van­no avan­ti comun­que fino al 25 marzo;
— le atti­vi­tà elen­ca­te nell’allegato pos­so­no con­ti­nua­re ad esse­re eser­ci­ta­te (un cen­ti­na­io e tra que­ste le atti­vi­tà estrat­ti­ve di car­bo­ne e le atti­vi­tà petrolifere);
— quel­le fun­zio­na­li alla filie­ra del­le atti­vi­tà con­sen­ti­te pure (e quin­di, per esem­pio, tut­ta la filie­ra petrolifera);
— quel­le rela­ti­ve a ser­vi­zi di pub­bli­ca uti­li­tà e a ser­vi­zi essen­zia­li pure, ma pre­via comu­ni­ca­zio­ne al pre­fet­to, che, tut­ta­via, se non doves­se rite­ner­le di pub­bli­ca uti­li­tà o essen­zia­li, può sospenderle;
— poi si aggiun­go­no le atti­vi­tà con­sen­ti­te da altri atti (come il DPCM dell’11 febbraio);
— a que­ste si aggiun­go­no quel­le espres­sa­men­te indi­vi­dua­te dal­lo stes­so DPCM fir­ma­to oggi e che sono ulte­rio­ri a quel­le pre­sen­ti nell’allegato: tra que­ste, anche quel­le che han­no impian­ti a ciclo pro­dut­ti­vo con­ti­nuo (come l’Ilva)».

Il tota­le dice che potran­no esse­re alme­no 3,5 milio­ni i lavo­ra­to­ri anco­ra impe­gna­ti, dal 20% al 25% dell’intera for­za lavo­ro del Pae­se ma le maglie lar­ghe potreb­be­ro far sali­re la quo­ta anche al 35–40%.

Le atti­vi­tà “fun­zio­na­li” alla “filie­ra” del­le atti­vi­tà espres­sa­men­te con­sen­ti­te in par­ti­co­la­re pos­so­no pro­se­gui­re con una sem­pli­ce comu­ni­ca­zio­ne al prefetto.

Una sor­ta di auto­cer­ti­fi­ca­zio­ne che atte­sta una con­di­zio­ne già defi­ni­ta in modo mol­to vago.
Vale la pena di pre­ci­sa­re che «fun­zio­na­le» non è indi­spen­sa­bi­le ma «rela­ti­vo a una fun­zio­ne, ine­ren­te alle fun­zio­ni eser­ci­ta­te da un soggetto».

Basta un qual­sia­si col­le­ga­men­to con le azien­de indi­ca­te dal decre­to per con­sen­ti­re la pro­se­cu­zio­ne e basta una comu­ni­ca­zio­ne per for­ma­liz­za­re la rego­la­ri­tà dell’attività. E, in ipo­te­si, anche sen­za il col­le­ga­men­to, fino al suc­ces­si­vo con­trol­lo da par­te del Pre­fet­to, anche un’attività non fun­zio­na­le è legittima.

Il dub­bio ulte­rio­re che si aggiun­ge è: tut­te le azien­de che resta­no aper­te sapran­no garan­ti­re sicu­rez­za ai lavo­ra­to­ri? Fino­ra non è acca­du­to in mol­ti, trop­pi casi.

Noi, anche dopo que­sto decre­to, insuf­fi­cien­te e con­di­zio­na­to dal­le pres­sio­ni e dai ricat­ti, con­ti­nuia­mo a insi­ste­re: ogni atti­vi­tà non essen­zia­le deve esse­re fer­ma­ta, esat­ta­men­te come è sta­to fat­to per atti­vi­tà com­mer­cia­li e altri ser­vi­zi, con i decre­ti pre­ce­den­ti. Si esce pre­sto se si esce tut­ti insie­me. Così — e non è un para­dos­so — rischia­mo di resta­re chiu­si a lun­go. E di far­ci mol­to male.

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Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.