[vc_row][vc_column][vc_column_text]La Norvegia sospenderà la concessione di licenze per l’esportazione di armi e strumenti bellici verso la Turchia, e riesaminerà le concessioni attive. Il governo italiano è tenuto a fare altrettanto. Non si tratta di una richiesta e non c’è nulla da decidere. Si tratta, molto semplicemente, di applicare quanto prescritto dalla legge 185 del 1990 che vieta espressamente di concedere licenze all’export di armi e strumenti bellici verso paesi in stato di conflitto o responsabili di violazioni dei diritti umani.
La guerra che Erdogan sta facendo ai curdi sarà condotta anche con l’utilizzo di armi italiane. «Negli ultimi quattro anni — spiega Francesco Vignarca di Rete disarmo — l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro».
Nell’ultimo anno per cui sono disponibili le rilevazioni statistiche, cioè il 2018, «sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software».
«Se vuoi la pace, prepara la guerra» e se vuoi la guerra esporta le armi. E’ inutile sottolineare, infatti, che il blocco all’export previsto dalla legge 185 del 1990 è sicuramente utile e necessario, ma che si tratta di una misura che arriva “in ritardo”, quando le milizie sono già state armate, gli eserciti mobilitati, i civili attaccati e messi in fuga.
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