di Walter Girardi
«Finché c’è biodiversità c’è speranza». Me lo ricorda spesso Claudio Peja, direttore del Parco del Ticino. E come dargli torto, d’altra parte? La biodiversità rappresenta la diversità nelle forme di vita che abitano la Terra: tutte queste diverse forme di vita sono connesse e dalla Terra traggono quell’energia vitale che scorre in tutti gli esseri viventi – homo sapiens compresi. Quell’energia è solo un prestito, che un girono la dovremo restituire. La chiave per immaginare una nuova normalità sta proprio nel prendere in prestito in base alle nostre esigenze, senza abusi, con la consapevolezza che ci sono abbastanza risorse per tutti, ma che non saranno sufficienti se non a causa dell’avarizia umana. La biodiversità è fondamentale per la vita poiché non solo costituisce una risorsa di per se stessa, ma soprattutto perché fornisce un’ampia gamma di servizi ecosistemici dai quali dipendiamo, dalla fornitura di cibo e acqua dolce, all’impollinazione. La nostra impronta ecologica, cioè il nostro consumo di risorse naturali, è aumentata vertiginosamente, con danni incalcolabili alla biodiversità. Si tratta solamente di una delle conseguenze dell’emergenza climatica, conseguenza a sua volta della grande voracità di un sistema economico squilibrato e ingiusto. Pensiamo a cosa sta succedendo negli oceani con l’innalzamento della temperatura delle acque, oppure alle numerose specie che stanno sparendo con l’aumentare della desertificazione dei suoli. In Europa quasi un quarto delle specie selvatiche è minacciato di estinzione. Sin dagli anni 70, con la Direttiva Uccelli che fu la prima direttiva a tutela della biodiversità, i passi in avanti per conservare le specie animali e vegetali sono stati importanti. La creazione della Rete Natura 2000 con la creazione dei Siti di Interesse Comunitario (SIC), delle Zone a Protezione Speciale (ZPS) e con le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) ha contribuito a rallentare questa lenta perdita di biodiversità. Ma oggi questo sistema di tutele non è più sufficiente. I cambiamenti climatici stanno accelerando la velocità della perdita di biodiversità e, per queste ragioni, la Commissione Europea ha deciso di dedicare una parte fondamentale alla strategia per salvaguardare la biodiversità all’interno del pacchetto del Green New Deal. Una strategia coraggiosa, una vera e propria boccata d’ossigeno rispetto al passato. Impegni chiari e precisi in un ordine temporale di dieci anni e quindi con una pressione notevole nei confronti degli Stati membri che non potranno non agire immediatamente. Alcuni punti della strategia sono veramente importanti e vale la pena indicarli per il grande impatto positivo che avranno: aumento al 30% delle aree naturali protette di terra e di mare, riduzione del 50% dei pesticidi sia in termini di quantità che di tossicità (pensiamo a quanti composti letali abbiamo disperso in natura); conversione del 10% dei terreni agricoli a elementi di biodiversità come siepi, filari per migliorare la sostenibilità dell’agricoltura; introduzione di obiettivi vincolanti per ripristinare ecosistemi fortemente minacciati nel territorio europeo come torbiere, foreste ed ecosistemi marini, tutti vitali per la biodiversità nonché per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici; implementazione delle zone umide, le più esposte all’estinzione proprio per la loro grande fragilità ma allo stesso tempo le più ricche di specie. Infine la riduzione al minimo dell’uso di biomassa, come gli alberi, a fini energetici. Conservare la biodiversità, rallentare o potenzialmente mettere in atto tutta una serie di azioni che salvaguarderanno gli ambienti naturali sarà uno degli step fondamentali per quella nuova normalità su cui costruire un futuro sostenibile e amico. La connessione tra tutte le specie esistenti sulla terra è un concetto che ancora non tutti hanno ben compreso. Pensiamo a chi nega l’evidenza che le conseguenze delle azioni umane siano tra le cause dei cambiamenti climatici, oppure a chi si ostina a ripresentare vecchi meccanismi e vecchie ricette per ripartire dopo questo periodo di lockdown. Vecchi meccanismi che sono tra le cause della pandemia che stiamo vivendo, e che per forza di cose ci deve spingere ad immaginare e costruire un futuro diverso, basato su principi, meccanismi e percorsi nuovi. Riconoscere le connessioni è fondamentale, perché se le connessioni si riducono, le reti ecologiche si frammentano, le reti ambientali si sfilacciano e si sfaldano e si rimane soli. La forza delle connessioni sarà la nostra fortuna, se sapremo mantenere, conservare e potenziare queste connessioni. Non solo con la natura, ma anche tra tutti gli individui della terra abbattendo muri e le disuguaglianze.