Telefonato sin dall’anno scorso è arrivato puntuale il soccorso arancio di Pisapia a Renzi, oggi, a mezzo stampa, con l’annuncio di voler costruire un campo progressista che abbia come mission quella di allearsi strutturalmente col Pd. Nel tentativo ormai sempre più disperato di prolungare l’equivoco: l’equivoco che il centrosinistra buono e progressista che conoscevamo quando eravamo bambini esista ancora, che quello che è successo in questi anni (dalla legge Fornero votata e sostenuta dal Pd a tutte le riforme renziane) sia stato un sogno. Quando invece è un incubo, e non per questo è meno reale (e peraltro non sembra intenzionato a finire).
Ecco quindi qual era il formidabile piano di Giuliano “Equivoco” Pisapia quando ha rinunciato a un secondo mandato da sindaco: quello di spiegarci, oggi, la domanda di un elettorato di sinistra deluso, nella stessa intervista in cui conferma di aver votato sì alla riforma costituzionale e senza porsi, lui per primo, il minimo problema di nesso logico.
Pisapia mette un paletto alle alleanze con quei soggetti di destra che in questi mille giorni hanno permesso a Renzi di fare strame del programma con cui il fu centrosinistra si presentò alle elezioni del 2013, peccato per il destino beffardo e rio, pardon, Delrio, nel senso del (quasi ex) ministro che ieri sera ha candidamente affermato, da Floris, che si augura di poter costruire una coalizione “con gli alleati che hanno così ben governato con noi”. La prossima volta si telefonino, una telefonata allunga la vita (e la coalizione).
Ma dicevamo dell’equivoco: le persone come Pisapia sono i nemici più formidabili di chi spera di riportare la politica a un minimo decente di attinenza alla realtà, a ricollegare ciò che si fa a ciò che si dice. Con dispiacere rispetto ai loro meriti passati, ma questo va detto, e senza indulgenze. In questo senso, l’equivoco è tutta colpa di Pisapia, ma anche di chi se lo fa piacere fingendo di non vederne le contraddizioni. Come sempre, mitragliando parole in libertà su una sinistra astratta, con l’ipocrisia di voler considerare parte di una realtà parallela le politiche concrete che hanno rovinato il Paese. Teorizzando che non bisogna chiudersi, che la purezza è un peccato: ma non è questione di purezza, è questione di coerenza, in un periodo storico in cui peraltro gli elettori puniscono molto molto severamente chi sgarra. Così, invece di impegnarci in uno scatto d’orgoglio per archiviare il Pd e Renzi, per metterlo in discussione, per andare oltre, ci troviamo a perdere altro tempo. È imperdonabile.
Quindi: ad appello, contrappello: credere alle favole da bambini è consentito, da adulti no. Non crediamoci, e non crediamo alla buona fede di chi lo farà. O non ne usciamo più.