[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il 28 settembre è stata la giornata dell’aborto sicuro, una giornata scelta nel 1990 in America Latina dalla Campaňa 28 Septiembre, che manifestava per la depenalizzazione dell’aborto.
Sappiamo, dati alla mano, che il diritto all’autodeterminazione e il diritto alla salute della donna è ancora ostacolato nel nostro Paese quando si entra nel campo dell’interruzione volontaria di gravidanza.
Ce lo dicono i dati, che evidenziano come il 70% dei ginecologi siano obiettori (con punte oltre il 90% in alcune regioni).
Ce lo dicono il fiorire di iniziative da parte di solerti Consiglieri e Consigliere comunali che presentano mozioni pro-life nelle nostre città (come a Verona, laboratorio della destra antifemminista e omofoba del ministro Fontana, ma dove i provvedimenti hanno ricevuto un inquietante appoggio bipartisan).
Ce lo dicono fatti di cronaca che vorremmo fossero scene di film grotteschi, e non la realtà: come il caso di una ragazza di origine nigeriana di ventidue anni che, dopo aver rischiato la vita per aver abortito clandestinamente, si è vista sanzionare una multa di oltre 3000 euro per essersi procurata farmaci abortivi illegalmente, sulla scorta di una legge del 2016.
Ce lo dice l’impegno in senso contrario all’autodeterminazione di chi ci vede come forni, incubatrici, mettendo le donne di fronte alla pressione di portare a termine gravidanze non volute. E sminuiscono le esperienze di maternità consapevole che dicono di voler salvaguardare.
Come si esce da questo orizzonte di dolore e marginalizzazione? Come si esce da una cultura che invece di mettere al centro le scelte delle donne è tutta improntata al controllo dei corpi femminili, al senso di colpa e al sacrificio?
Molte sono le iniziative che abbiamo promosso, dentro e fuori dalle istituzioni, e molte altre sono portate avanti da movimenti e associazioni. Per esempio, in Parlamento nel 2016 sono state presentate due proposte di legge da Possibile, con come primi firmatari Beatrice Brignone e Giuseppe Civati, per garantire la piena applicazione della legge 194: per quanto riguarda l’obiezione, “chi sceglie di specializzarsi in ginecologia e ostetricia dovrebbe sapere bene che tra i suoi compiti ci sono anche quelli previsti dalla legge n. 194 del 1978 in ogni sua parte”; mentre rimane necessario “garantire la dispensazione dei farmaci contraccettivi di emergenza”.
In Lombardia è nata la campagna Aborto al Sicuro, a cui abbiamo immediatamente aderito e che ha portato alla consegna delle firme necessarie per la proposta di legge di iniziativa popolare rivolta alla Regione: 10 punti chiave, tra cui il potenziamento e l’ampliamento dei compiti dei consultori, adeguata formazione del personale medico, diffusione della contraccezione.
È necessario tenere alta l’attenzione e rilanciare la battaglia. Per questo chiediamo contraccettivi gratuiti, almeno il 50% di medici non obiettori, potenziamento dei consultori, formazione nelle scuole, ripristino della pillola del giorno dopo tra i farmaci prioritari da avere in farmacia. È necessario impedire l’obiezione di coscienza dei farmacisti e istituire un numero gratuito a sostegno di chi necessita di informazioni sull’interruzione di gravidanza. Ed è fondamentalmente mettere al centro della nostra azione il rispetto delle scelte delle donne e delle loro esperienze, sgombrando il campo da preconcetti, stereotipi e aspettative che non hanno ragione d’essere. [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]