Ieri si è svolto, nella sede del Senato a piazza Capranica, un seminario sulle riforme istituzionali, dal titolo “Un nuovo Parlamento”, che abbiamo organizzato con la nostra associazione: POSSIBILE.
L’idea di fondo era quella di riprendere i temi della riforma della legge elettorale e delle riforme costituzionali attraverso una riflessione che è mancata – purtroppo – durante il cammino parlamentare e che avrebbe potuto portare, come proprio la discussione di ieri ha evidenziato, anche a riforme diverse, più snelle e funzionanti, più rapide e condivise, in grado di migliorare la qualità della democrazia e quindi la partecipazione dei cittadini.
Abbiamo affidato la riflessione scientifica a tre costituzionalisti (Andrea Pertici, Stefano Merlini e Roberto Zaccaria) e a uno scienziato della politica (Gianfranco Pasquino). Tutti e quattro hanno evidenziato – seppure con accenti diversi – anzitutto le difficoltà di funzionamento di queste riforme, volute – sempre più in solitaria – dal governo (e, tra l’altro, scritte – ha ricordato in particolare Zaccaria, riprendendo il parere del Comitato per la legislazione – molto male). È stato evidenziato come i cittadini perdano sempre più di peso, cosicché si finisce per assecondare – anziché cercare di invertire – la tendenza all’astensionismo e l’allontanamento dalla politica.
Anche da parte dei politici di tutti i principali gruppi parlamentari, intervenuti dopo le relazioni introduttive, sono emerse critiche sia al metodo – sbrigativo e disinvolto quando non addirittura in contrasto con norme regolamentari – con cui si è proceduto sia al merito delle riforme. In particolare, ritenendosi che non abbia senso un Senato non elettivo come quello disegnato dal disegno di legge di riforma costituzionale in discussione, con tutto ciò che comporta dal punto di vista della partecipazione dei cittadini e della tutela dei loro diritti e come, d’altra parte, vi sia una contraddizione tra il neocentralismo descritto dalla riforma e un tentativo (mal riuscito) di Senato delle autonomie.
Che fare a questo punto?
Sulla riforma costituzionale è stato spiegato che ci sono ancora significative possibilità di incidere nei successivi passaggi parlamentari, fino ad arrivare – eventualmente – a votare contro nella seconda deliberazione: ricordiamo che a quel punto, infatti, sarà necessaria la maggioranza assoluta, che spesso è mancata nelle votazioni sui singoli articoli, perfino alla Camera (dove sulla carta la maggioranza di governo è ampia). Questo riaprirebbe lo spazio per una piccola e efficace riforma magari in grado di ridurre finalmente il numero dei deputati e dei senatori (come sempre viene promesso agli elettori senza che mai lo si faccia). All’eventuale referendum costituzionale – del quale alcuni già parlano – è prematuro pensare. Ancora troppi sono, infatti, i passaggi parlamentari.
Il referendum – in questo caso abrogativo – è invece attuale, perché l’Italicum è stato approvato (anche se dispiegherà tutti i suoi effetti solo a partire dal 1° luglio 2016). Da questo punto di vista dobbiamo ricordare che la Corte costituzionale, per consolidata giurisprudenza, richiede non solo che il quesito sia chiaro, omogeneo e completo (come per tutte le leggi), ma anche – trattandosi di una legge elettorale – che la normativa eventualmente risultante dall’esito positivo del referendum abrogativo sia immediatamente applicabile.
Per questo attraverso il referendum non riusciremo a introdurre il nostro sistema elettorale preferito: quello a base maggioritaria (con collegi che favoriscono il rapporto elettore-eletto). Come il mattarellum, magari migliorato dalla eliminazione dei listini bloccati (come intendeva fare il referendum del 1999 che mancò il quorum per pochi decimali). Attraverso i referendum cercheremo, però, almeno di eliminare i capilista bloccati, perché gli elettori scelgano tutti e non solo alcuni (se le preferenze ci sono devono valere per tutti), e le candidature multiple, e di cancellare un ballottaggio attraverso il quale si attribuirebbero decine e decine di parlamentari in più a chi, essendo rimasto al primo turno al di sotto del 40%, prevalesse anche di un solo voto sull’altra delle due migliori liste.
Su questo siamo impegnati anche grazie al conforto ricevuto dalle opinioni emerse durante il seminario di ieri. È un impegno che intendiamo condividere con tutte le altre forze politiche e sociali che ritengano di impegnarsi per un migliore funzionamento della democrazia e per una maggiore partecipazione dei cittadini. Perché… Appartiene al Popolo.
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