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Quando parliamo di lavoratori migranti, o stranieri, o extracomunitari, con i documenti o senza i documenti, parliamo in primo luogo di lavoratori. Lo ha spiegato benissimo ieri Gurmukh Singh, presidente della comunità indiana del Lazio, raccontando per l’ennesima volta le condizioni estreme di sfruttamento a cui sono sottoposti i braccianti nelle campagne del Pontino. E sono gli stessi braccianti che troviamo a tutte le latitudini della nostra penisola.
Paghe da fame, una corsa sempre più al ribasso costruita sfruttando e ricattando persone senza documenti o ospiti di centri di (cattiva) accoglienza, condizioni del tutto inaccettabili. Un vero e proprio sistema, come ci hanno spiegato Marco Omizzolo e Simone Andreotti di In Migrazione, che sembra quasi creato apposta dalle norme dello Stato che lo regolano: un’accoglienza che non funziona e che espone i lavoratori a dinamiche di sfruttamento; una normativa sull’ingresso per lavoro del tutto incoerente rispetto alla realtà (non a caso si chiama ancora “Bossi-Fini”); il reato di soggiorno “irregolare” che non permette al lavoratore di emergere dalla sua condizione di sfruttato. È tutto un sistema che permette di sfruttare.
«Noi continuiamo a parlarne con insistenza, anche se molte volte ci hanno spiegato che “si perdono voti”», ha concluso Giuseppe Civati. «lo facciamo perché siamo convinti che da qui si capiscano tutte le contraddizioni che riguardano non solo chi viene da lontano, ma anche chi è italiano da generazioni: tutti questi problemi c’erano da prima e sono esplosi facendo fare tanti soldi alla mafia. La realtà è quella che abbiamo raccontato stasera: c’è una catena del disvalore e dello sfruttamento; c’è un giocare a trovare una forza lavoro sempre più economica, che non crea problemi, che puoi ricattare. Mi dispiace davvero che ci siano dei deficienti, dei cretini e dei criminali che contrappongono un lavoratore all’altro, perché questa cosa indebolisce tutti. L’aver taciuto, nascosto o creato le condizioni di questo sfruttamento ha indebolito tutti i lavoratori, anche quelli che pensavano di stare in un’altra località e a fare un altro mestiere».
Anche per questo motivo, nelle prossime settimane torneremo sul campo per censire e raccontare i peggiori casi di accoglienza in Italia. Se volete aiutarci, contribuendo con segnalazioni, scriveteci a italia@possibile.com.
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